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Home » Attualità » Raffaele Minichello, la storia vera del dirottatore che ha ispirato il documentario Kill Me If You Can

Raffaele Minichello, la storia vera del dirottatore che ha ispirato il documentario Kill Me If You Can

La storia vera, ma incredibile di Raffaele Minichello, l'uomo che dirottò un aereo nel 1969 e che oggi ha ispirato il documentario Kill Me if You Can.
Manola SciacovelliDi Manola Sciacovelli1 Marzo 2023
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raffaele_minichiello
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Raffaele Minichiello, conosciuto anche come Ralph, classe 1949, a soli vent’anni, è il primo uomo al mondo responsabile del dirottamento aereo intercontinentale più lungo di tutti i tempi. Una storia vera che ha dell’incredibile e che ha ispirato il documentario Kill Me if You Can.  Ralph nasce a Melito Irpino (provincia di Avellino) e dopo aver perso tutto nel terremoto del 1962, all’età di quattordici anni si trasferisce con la famiglia a Seattle; a diciassette anni e mezzo si arruola subito nei Marines e non passa molto tempo che già riesce a imbarcarsi per la guerra in Vietnam, nella quale Minichiello crede moltissimo.

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Una foto che ritrae Raffaele Minichiello da giovane dal sito della BBC

Tornato a casa, nonostante abbia rischiato la sua vita per la bandiera a stelle e strisce e nonostante sia tornato da eroe, la vita inizia a stargli stretta: non riesce a smarcarsi dallo stereotipo di italiano mafioso, non gli vengono versati i 200 dollari in busta paga, ma soprattutto gli viene respinta la richiesta di trasferimento in Italia.

Da questo momento in poi la sua devozione totale nei confronti degli Stati Uniti crolla improvvisamente: inizia a sfidare lo zio Sam. Una sera, ubriaco, entra in uno spaccio militare si appropria di 200 dollari tra cibi e bevande ma si addormenta e così viene arrestato e passa dieci giorni in carcere. Il 29 ottobre del 1969 Ralph salta il processo alla Corte Marziale disertando e il giorno dopo compra una carabina e un biglietto aereo con tratta Los Angeles-San Francisco eludendo con una certa maestria i controlli.

È il 31 ottobre 1969 e Raffaele Minichiello, dopo un quarto d’ora di volo sul Boeing 707 della TWA, chiama servizio alla hostess e mostrando il fucile carico in un inglese un po’ maldestro dice: “My name is Raffaele Minichiello. I take control this airplane. You will be at my order. I don’t have nothing to lose”.
Il volo inizia con un dirottamento verso New York, verranno anche fatti degli scali per rifornimenti e rilascio di passeggeri a Denver, in Colorado, ma anche a Bangor, nel Maine e a Shannon in Irlanda.
Minichiello ha le idee molto chiare: all’aeroporto di Fiumicino, una volta atterrato, fa salire sul Boeing un funzionario di Polizia completamente disarmato (sarà il vice-questore Pietro Gulì) come nuovo ostaggio, necessario per completare la sua missione e quindi fargli guidare l’auto e portarlo fino a Napoli. Ma ancora nei pressi di Roma e in aperta campagna decide di scendere e scappare a piedi. Trova rifugio nella chiesa del Divino Amore e una volta riconosciuto dal prete, si arrende senza opporre resistenza e viene arrestato.

In Italia viene processato per aver introdotto armi e munizioni da guerra e condannato inizialmente a sette anni di reclusione, ma alla fine ne sconterà solo un anno e mezzo per buona condotta e attenuanti varie. Gli Stati Uniti chiederanno più volte l’estradizione ma senza successo.
Purtroppo i dispiaceri di Ralph non finiscono qui. Nel 1985,  la sua compagna abbandonata in sala parto, morirà assieme al secondo figlio. Inizialmente per vendicarsi Raffaele vuole progettare un attentato a un convegno medico, ma poi un ragazzo gli regala una copia del Nuovo Testamento e rimane colpito dalla frase: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Una frase che sarà il passo iniziale per dare una svolta alla sua vita spirituale e fare pace con tutti. Ad oggi Ralph è anche un cittadino libero negli Stati Uniti, i quali gli hanno concesso la grazia.

Sono passati ormai 54 anni da quella folle notte e Alex Infascelli ha deciso di raccontarcela nel suo nuovo documentario Kill me if you can, che non parla solo di quel dirottamento pazzesco, ma anche di un uomo (per molti un eroe, per altri un terrorista) che non si è mai piegato davanti alle difficoltà della vita. Nemmeno davanti agli Stati Uniti d’America.

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