Il cannibalismo è l’atto di mangiare i propri simili o, in gergo scientifico, individui appartenenti alla propria specie. Un gesto che consideriamo aberrante e immorale che in realtà è una dinamica molto frequente all’interno di alcune popolazioni. E in determinati gruppi di animali (leoni, aracnidi, anfibi, squali).
Il cannibalismo umano, in particolare, è spesso associato alla sopravvivenza. Pensiamo ad esempio al disastro aereo delle Ande del 1972 e a come i passeggeri del volo 571 riuscirono a vivere dopo lo schianto del loro aereo, cibandosi dei corpi dei compagni deceduti. Il cannibalismo si lega anche ad antiche ritualità di tribù primitive, che sopravvivono ancora oggi come tra i Korowai nella Papua Nuova Guinea.
E, non ultimo, a gravissime derive psicopatologiche, come quelle dei serial killer Andrej Chikatilo, detto il mostro di Rostov, Jeffrey Dahmer, il mostro di Milwaukee. O il loro celebre omologo cinematografico, Hannibal Lecter. Negli ultimi tempi di cannibalismo si è parlato anche per alcuni gossip (mai confermati) riguardanti l’attore Armie Hammer, protagonista di Chiamami col tuo nome, “accusato” di compiere questa pratica. E per tale motivo, messo ai margini da Hollywood.
Com’è logico che sia, non esistono testi di approfondimento sui valori nutrizionali della carne. Molti di più sono quelli che affrontano il tema dell’antropofagia dal punto di vista psichiatrico, considerato come atto sadico in cui si “incorpora” l’oggetto amato (o odiato).
Tuttavia, negli anni ’70, due ricercatori statunitensi, Stanley M. Garn e Walter D. Block, provarono a capirne di più. Paragonando il corpo umano a quello di un qualsiasi animale da macello e arrivando alla conclusione che da un essere umano di 50 kg si potessero ottenere 30 kg di massa muscolare “edibile”. Quanto al sapore, gli studi hanno potuto approfittare delle annotazioni di quelle popolazioni dedite all’antropofagia, che hanno parlato di gusto simile a quello del maiale.
Degli esseri umani, però, sono edibili sono altri organi come fegato, cuore e cervello. In particolare il cervello può portare al rischio di contrarre gravi malattie neurologiche causate dai prioni, come le encefalopatie o il kuru. Una patologia identificata e descritta in Papua Nuova Guinea negli anni ’50 dal medico statunitense Daniel Carleton Gajdusek, tra i Fore, che erano soliti mangiare il cervello dei defunti in un rito funerario.