A volte accade che uno scrittore ed un libro, in particolare, riescano ad essere profetici. Si tratta di fortuna mista ad una fervente immaginazione e, soprattutto, ad un senso critico della società. Quest’ultimo elemento, in particolare, ha permesso, nel 1949, a George Orwell di tratteggiare nel suo 1984 un futuro sotto il controllo del grande occhio. Un mondo dove la libertà personale non esiste e il libero pensiero viene manipolato costantemente da una informazione sbagliata e volutamente distorta per creare realtà inesistenti.
Il tutto ambientato in una Londra crepuscolare che non identifica tanto il luogo quanto la condizione di grigiore in cui si trova l’animo e l’intelletto umano sottoposto a questa dittatura del pensiero. Tutti aspetti che, veicolati attraverso atmosfere decisamente più lievi, si sono insalutate nella quotidianità attuale senza che nemmeno ce ne accorgessimo.
Odio e manipolazione
1984 è essenzialmente una storia sulla manipolazione portata avanti dal Grande Fratello per controllare gli uomini. Ma come riuscire in questo intento? Essenzialmente attraverso la creazione della paure e, di conseguenza, dell’odio verso un nemico designato. Una situazione cui Winston e Julia, i due protagonisti di 1984, provano a fronteggiare e combattere. Ma, a volte, nemmeno l’amore ha la forza per interrompere certi flussi.
D’altronde la tecnica di creare nemici è essenziale per definire un falso sentimento di appartenenza ad una “comunità” e, soprattutto, è decisivo per spostare l’attenzione dal problema effettivo. Una situazione che suona drammaticamente familiare all’interno della politica moderna e dell’informazione.
Spesso, infatti, il potere politico tende a creare dei falsi nemici per sviare lo sguardo dall’essenziale. Il che vuol dire, il più delle volte, focalizzarsi all’esterno per tenere in ombra quanto accade all’interno. Per le stesse motivazioni, poi, l’informazione viene manipolata con una narrazione precisa volta a condizionare l’opinione comune.
In questo giro vizioso si va nutrendo il concetto stesso di odio che può dirigersi, senza troppa differenza, verso un’etnia, una religione, una cultura o, semplicemente, uno stile di vita.
Il controllo del web
In 1984 uno slogan cita: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente, controlla il passato.” È chiaro, dunque, che la parola chiave è controllo. Nel mondo immaginato da Orwell è rappresentato dal Grande Fratello. Nella quotidianità attuale, invece, dal web. La rete e, in modo particolare i social media, sono un’arma essenziale per andare a definire una nuova sub cultura di massa.
Il grande occhio è rappresentato dai logaritmi che individuano gusti, scelte e necessità di ogni singolo reindirizzando verso uno scopo finale: l’assenza di pensiero e di scelta. Le stesse libertà che vengono a mancare all’interno del mondo descritto da Orwell e per cui in pochi combattono.
Un sorta di gioco di prestigio che riesce attraverso l’illusione di accedere a diverse possibilità. Oggi pensiamo di essere sempre nella condizione di fare le nostre scelte. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Quanto, in realtà, veniamo condizionati nell’acquisto di un prodotto, come anche nell’identificazione di una necessità da messaggi inviati in modo nemmeno troppo subliminali?
Per Orwell la soluzione è da rintracciare nel mondo naturale, nella campagna dove regna un contatto costante con l’essenziale. Per noi, invece, questa via di fuga o di resistenza potrebbe essere nella riscoperta dell’unicità e dell’individualità che porta ad una scelta effettivamente personale. Come? Magari iniziando togliere tempo e potere alla mondo virtuale e alla necessità di apparire tutti incasellati in un unico e solo modello.