Gli appassionati di letteratura e serie crime sanno perfettamente cosa s’intende con la dicitura “Cold Case”. Anzi, spesso e volentieri sono proprio questi, il più delle volte, il centro stesso della narrazione. I così detti casi freddi, ossia, quelli mai risolti, però, non fanno parte solamente della finzione ma vanno a definire una parte molto importante all’interno dell’evoluzione investigativa. I Cold Case, infatti, sono quei delitti che, pur non avendo raggiunto una soluzione, sono talmente gravi da non andare mai in prescrizione.
Grazie a questo particolare, dunque, è possibile riaprirli anche a distanza di vent’anni se si presentano nuove prove e, soprattutto, se tecniche scientifiche avanzate permettono di rintracciare connessioni e riscontri non deducibili prima.
Un compito, questo, affidato all’Unità delitti insoluti, che, dal 2009, coordina le indagini su casi rimasti irrisolti in una collaborazione tra polizia scientifica e squadre operative. In tutti questi anni, dunque, sono state riaperte le indagini su ben 30 casi, giungendo ad una soluzione per 17 di questi.
Tra i delitti irrisolti figurano l’omicidio di Katty Skerl, il caso Montesi, che appassionò l’Italia degli anni ’50. E anche il delitto di Arce, dove a perdere la vita fu la giovanissima Serena Mollicone. Rientra nella categoria dei Cold Case anche la sparizione del giornalista Mauro De Mauro, rapito da Cosa Nostra e mai più ritrovato.
Il delitto di via Poma, il Cold Case più noto
I casi risolti
Per un cold case ancora senza colpevole, però, altri hanno trovato la loro soluzione. Tra questi c’è sicuramente il così detto Delitto dell’Olgiata. I fatti risalgono al 10 luglio 1991 quando la contessa Alberica Filo della Torre viene trovata senza vita proprio nella sua villa. Nonostante tutte le indagini e le varie ricostruzioni, però, per oltre vent’anni non si è riusciti ad arrivare al nome del colpevole.
Almeno fino al 2011, momento in cui c’è stata finalmente una svolta. Il test del DNA, infatti, riesce ad incastrare in modo incontrovertibile Manuel Winston, che aveva lavorato come cameriere nella villa. L’uomo, poi, confessa il delitto il 1 aprile 2011 e viene condannato a 16 anni di reclusione.