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Home » Cultura » La volta che la Gioconda sparì nel cappotto di un imbianchino (e nessuno se ne accorse)

La volta che la Gioconda sparì nel cappotto di un imbianchino (e nessuno se ne accorse)

Tentò di restituire la Gioconda all'Italia, ma Vincenzo Peruggia, il ladro del Louvre, passò alla storia "solo" per il fallimento del piano.
Silvia GrazioliDi Silvia Grazioli21 Agosto 2025
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Vincenzo Peruggia
Vincenzo Peruggia (fonte: Il Giornale)
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Oggi sarebbe impossibile pensare al Louvre senza il suo quadro simbolo, la Gioconda di Leonardo da Vinci. Eppure c’è stato un momento in cui la Monna Lisa sparì senza dare traccia. No, non è la trama di un film hollywoodiano. Questo furto è successo davvero ed è una storia talmente incredibile che sembra scritta da uno sceneggiatore premio Oscar.

Siamo al 21 agosto del 1911 ed il museo del Louvre era chiuso al pubblico. Nella mente dell’italiano Vincenzo Peruggia, di professione imbianchino, si fece strada un’ idea a dir poco particolare. Nel silenzio del museo si intrufolò quatto quatto la sera precedente e al mattino seguente, vestito da addetto museale, si avvicinò al celebre dipinto, con tutta calma lo staccò, lo tolse dalla cornice e se lo infilò sotto al soprabito. Come gran finale uscì dalla porta principale come se nulla fosse, quasi lo si immagina fischiettare!

Vincenzo Peruggia fotografato dopo l'arresto (fonte Varese News)
Vincenzo Peruggia fotografato dopo l’arresto (fonte Varese News)

I vigili museali del Louvre si accorsero del furto solo il giorno dopo. All’inizio pensarono che il quadro fosse stato spostato per essere fotografato o restaurato, ma ben presto arrivò l’atroce verità: era sparito realmente. Parigi a qual punto impazzì. Il museo venne chiuso per giorni, la polizia non sapeva che pesci pigliare e la notizia fece il giro del mondo.

Tra i sospettati comparve anche il giovanissimo Pablo Picasso, che venne interrogato e poi scagionato. Nel frattempo la Gioconda stava chiusa nel doppiofondo di un armadio di casa Peruggia. Nessuno l’avrebbe trovata, fino ad un clamoroso colpo di scena.

Il ritorno della Gioconda nelle stanze del Louvre (fonte Finestre sull'Arte)
Il ritorno della Gioconda nelle stanze del Louvre (fonte Finestre sull’Arte)

Due anni più tardi Peruggia si mise in contatto con un facoltoso antiquario fiorentino, sostenendo di “voler restituire l’opera d’arte all’Italia”. Il mercante a quel punto si allarmò e avvisò immediatamente le autorità che rintracciarono il malcapitato imbianchino e lo arrestarono. Peruggia fu processato e condannato, il 5 giugno del 1914, a un anno e mezzo di carcere, ma scontò solo sette mesi. Ci fu persino chi lo proclamò come eroe nazionale. Dirà sua nipote in un’intervista:

“Nonno fu arrestato e per sette mesi fu rinchiuso nel carcere fiorentino delle Murate. Ho visitato la sua cella: una grotta buia con le catene e un tavolaccio. Non sono riuscita a trattenere le lacrime. La gente non mancò mai di appoggiarlo. Gli chiedeva l’autografo sulle foto della Gioconda. Perfino Gabriele D’Annunzio gli scrisse bravo! congratulandosi per la sua impresa“.

Ma il fatto più assurdo di tutti è che prima del furto la Monna Lisa leonardesca non era l’icona popolare che è oggi. Certo, era apprezzata dai critici e dal pubblico. Ma non era “la Gioconda” come tutto il mondo la intende adesso, idolatrata da milioni di turisti che ogni anno affollano le sale del Louvre. Incredibile, ma vero: grazie alla sua folle impresa, Peruggia ha reso il dipinto una leggenda.

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