Una recente indagine scientifica mette in discussione l’autenticità della Sacra Sindone, suggerendo che il famoso tessuto custodito conservato nel Duomo di Torino non sia mai stato realmente adagiato su un cadavere. Questa ipotesi nasce da uno studio pubblicato su Archaeometry, rivista accademica di alto profilo, in cui si fa ricorso a moderne tecniche di modellazione 3D per indagare un enigma che affascina da secoli.
L’autore dello studio è Cicero Moraes, ricercatore brasiliano specializzato in ricostruzioni tridimensionali, già autore di celebri riproduzioni facciali di figure storiche come sant’Antonio di Padova e Petrarca. Attraverso software di modellazione avanzati, Moraes ha simulato due situazioni differenti: una in cui un telo virtuale veniva posto su una figura umana digitalizzata, e l’altra in cui lo stesso veniva appoggiato su una superficie scolpita in rilievo.
Dall’esperimento è emerso che la resa visiva del telo steso sul bassorilievo risultava estremamente simile all’immagine della Sindone, al contrario della versione modellata sul corpo umano, che generava un effetto ben più alterato.

Secondo Moraes, la configurazione dell’immagine sindonica risulta più compatibile con l’ipotesi di un’impronta ottenuta tramite una sagoma tridimensionale scolpita.
La teoria proposta si inserisce nel lungo dibattito sull’origine della Sindone e sembra rafforzare la tesi, sostenuta sin dal 1989 attraverso analisi al radiocarbonio, che collocherebbero il manufatto tra il XIII e il XIV secolo.
Anche Andrea Nicolotti, docente di Storia del Cristianesimo all’Università di Torino, si è espresso favorevolmente riguardo all’impostazione generale dello studio, pur rilevando, tramite un intervento su Skeptic.com, che le novità introdotte risultano piuttosto limitate rispetto a quanto già noto.
Non sono però mancate critiche. Tra le voci più scettiche c’è quella di Alessandro Piana, esperto italiano del tema e membro di UCCR, secondo cui l’indagine sarebbe carente per aver trascurato l’analisi del lato posteriore della Sindone, ritenuto essenziale per una visione complessiva dell’impronta.
A detta di Piana, lo studio sarebbe affetto anche da un rilevante errore tecnico: nella ricostruzione digitale, le parti del corpo risultano invertite rispetto alla disposizione reale osservabile sulla Sindone, con mani e piedi rappresentati in posizione speculare.
Anche se lo studio fornisce una spiegazione plausibile per la formazione dell’immagine, restano elementi ancora controversi: tra questi, le tracce di sangue del gruppo AB e la presenza di pollini riconducibili a specie botaniche originarie del Medio Oriente, che suggeriscono connessioni geografiche complesse.
Ulteriori dubbi emergono riguardo alle caratteristiche fisiche dell’immagine: mentre la Sindone non presenta alcuna evidenza di pigmenti o vernici, un’immagine ottenuta mediante riscaldamento di una matrice risulterebbe fluorescente, cosa non riscontrata sul telo originale.