È diventato il luogo simbolo dell’orrore della Shoah e della follia nazista, nonché di uno dei capitoli più tragici della Seconda Guerra Mondiale e della storia dell’umanità in generale: parliamo di Auschwitz, un imponente complesso di più di 40 campi di concentramento e di sterminio realizzato in Alta Slesia, nel cuore dell’Europa. Entro i suoi confini, tra il 1940 e il 1945, morirono circa 1,1 milioni di prigionieri tra ebrei, omosessuali, oppositori politici, disabili, rom e sinti, polacchi, testimoni di Geova, sovietici e appartenenti ad altre categorie considerate inferiori o scomode dai Nazisti. Vediamo insieme quando e come ha avuto inizio questo orrore.
È già a ridosso dell’invasione tedesca della Polonia, avvenuta il 1° settembre 1939, che avvengono le prime fucilazioni di massa dei cosiddetti “nemici del popolo tedesco”, in particolare ebrei e polacchi che sin dai primi anni ’30 la Germania nazista progetta di sterminare. Poiché molti soldati tedeschi, avversi all’idea di fucilare civili innocenti, ricorrono alla diserzione o al suicidio, si sviluppa l’idea di aprire un campo di sterminio simile a quello di Dachau, già operativo in Germania dal 1933, che tolga all’esercito la responsabilità di questo “lavoro sporco” e soprattutto operi in modo discreto e terribilmente efficiente.
Il 27 aprile 1940 viene ordinata da Heinrich Himmler, comandante delle SS, la costruzione di quello che diventerà il campo di Auschwitz I su una vecchia caserma dell’esercito polacco vicino al villaggio di Oswiecim, sfruttando la sua posizione strategica. Essa è infatti situata alla confluenza dei fiumi Vistola e Soła, isolata ma ben collegata alle ferrovie della Slesia, del Governatorato Generale, della Cecoslovacchia e dell’Austria: si tratta dunque del luogo perfetto per deportare e controllare migliaia di prigionieri provenienti da tutta Europa. Il 14 giugno 1940, a lavori non ancora ultimati, il campo accoglie i primi 728 deportati, prigionieri politici polacchi provenienti da Tarnów: sono proprio loro a iniziare i lavori di adattamento delle strutture sotto la direzione del primo comandante, Rudolf Höß.
Sopra l’ingresso compare presto la cinica scritta Arbeit macht frei (“Il lavoro rende liberi”, già presente a Dachau), un simbolo di scherno per chi varca quel cancello. Auschwitz I diventerà il centro amministrativo dell’intero complesso, ma già qui, tra baracche sovraffollate e il famigerato Blocco 11, si consumano torture, esecuzioni ed esperimenti medici disumani. Ed è proprio in questo campo che, il 3 settembre 1941, il vicecomandante Karl Fritzsch testa per la prima volta lo Zyklon B, un pesticida letale, su 850 prigionieri: da quel momento, il gas diventa l’arma principale dello sterminio.

Nel frattempo viene anche avviata la costruzione del Vernichtungslager (campo di sterminio) del complesso, nei pressi del villaggio di Brzezinka (Birkenau in tedesco): distante circa 3 Km da Auschwitz I e soprattutto vicino alla linea ferroviaria, che semplificherà enormemente le successive deportazioni di massa dei prigionieri, Auschwitz II viene eretto in fretta e furia da diecimila prigionieri di guerra sovietici fatti venire apposta da un campo vicino, sulle macerie del villaggio già fatto evacuare e demolito da tempo (come del resto era stato anche per quello di Oswiecim-Auschwitz).
Auschwitz II – Birkenau, grande circa 2,5 per 2 Km, apre ufficialmente l’8 ottobre 1941 e arriverà a contenere fino a 100.000 persone, suddivise in vari settori non comunicanti tra loro. Nel 1942, dopo che la Conferenza di Wannsee, presieduta da Reinhard Heydrich, delinea la “Soluzione Finale della questione ebraica”, Auschwitz diventa il principale strumento di questo piano genocida: il 26 marzo 1942 il primo “treno della morte” carico di ebrei arriva alla Bahnrampe, la rampa ferroviaria del campo, segnando l’inizio dello sterminio sistematico. Le 4 camere a gas di Birkenau, con forni crematori che ardono giorno e notte, uccidono oltre 1,1 milioni di persone, tra ebrei, rom, sovietici e altri gruppi perseguitati.
Dal 31 ottobre 1942 è attivo anche Auschwitz III – Monowitz, progettato invece come campo di lavoro al servizio di industrie tedesche come la Buna Werke della IG Farben, che produce gomma sintetica: è qui che, in condizioni disumane, si ritrova a lavorare anche Primo Levi, che lascerà una testimonianza immortale dell’orrore vissuto nel suo libro Se questo è un uomo. Nei pressi del complesso di Auschwitz vengono gradualmente eretti 44 sottocampi, dove i deportati sono sfruttati come schiavi per agricoltura, allevamento e lavoro nelle industrie belliche.

È solo con l’imminente arrivo dell’Armata Rossa nel cuore dell’Europa, alla fine del 1944, che Himmler ordina di cessare le gassificazioni in tutto il territorio del Reich e di distruggere le camere a gas per occultare ogni prova del genocidio in corso: l’ultima viene condotta il 30 ottobre, dopodiché i forni e le camere di Birkenau vengono distrutti mentre quella di Auschwitz I viene convertita in rifugio antibomba.Nel gennaio 1945 le SS evacuano verso altri campi la maggior parte dei prigionieri ormai allo stremo, con delle “marce della morte” che mietono altre vittime.
Il 27 gennaio 1945, alle 8 del mattino, le truppe sovietiche della LX Armata liberano Auschwitz, trovando circa 7.000 sopravvissuti e un’eredità di orrore: 8 tonnellate di capelli umani, migliaia di oggetti personali e indumenti abbandonati come resti di un genocidio costato la vita a 1,1 milioni di persone su 1,3 milioni di deportati. Nel 1947 il campo viene trasformato in un memoriale-museo dal parlamento polacco, e nel 1979 l’UNESCO lo dichiara Patrimonio dell’Umanità. Oggi il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, un monito per non dimenticare.