Ci sono modelli di auto che entrano di diritto nella storia di un paese, come la Renault 4 rossa, targata Roma N57686, in cui fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro, il 9 maggio 1978. L’utilitaria divenne, suo malgrado, il simbolo degli anni di piombo. E oggi si trova al Museo Storico delle auto della Polizia di Stato a Roma.
Ma di chi era la macchina? Il veicolo apparteneva a un imprenditore edile marchigiano, Filippo Bartoli. L’uomo usava la R4, acquistata per meno di un milione, per le sue mansioni di lavoro a Roma. Gli uomini delle Brigate Rosse rubarono l’auto il primo marzo del 1978. La denuncia di Bartoli ai Carabinieri fu immediata. Così come fu immediato l’utilizzo della vettura da parte della BR che la impiegarono per fare varie rapine, cambiando sempre la targa.
Mario Moretti e soci scelsero la macchina per il suo ampio bagagliaio, che avrebbe potuto accogliere il corpo del presidente della Democrazia Cristiana, ucciso, lo ricordiamo, dopo 55 giorni di prigionia. E ritrovato in via Caetani, non lontano dalla sede del Partito Comunista, a via delle Botteghe Oscure.
Bartoli, a lungo interrogato dalle forze dell’ordine, per verificare collegamenti ipotetici con le BR, mai esistenti, poté riprendere la sua macchina solo dopo due anni dopo.
La conservò gelosamente nella sua casa alla periferia della capitale, nonostante fosse irriconoscibile dopo il lavoro della scientifica che l’aveva parzialmente distrutta. Per rispetto di Moro, rifiutò offerte di acquisto, anche molto cospicue, da parte della stessa Renault e da molti collezionisti e produzioni cinematografiche. Alla sua morte, la donò alla Polizia che la restaurò. In occasione del quarantesimo anniversario della morte di Aldo Moro, la R4 tornò a via Caetani per una commemorazione con una lettura di Luca Zingaretti.