Fino agli anni ’60 la poliomielite, brutale e contagiosissima malattia virale dagli effetti devastanti e irreversibili sull’organismo anche quando non uccide, mieteva indisturbata migliaia di vittime in tutto il mondo; essa era chiamata anche “paralisi infantile” per la sua forte tendenza a colpire i bambini. A tutto questo pose fine un geniale scienziato, il dottor Albert Sabin, in grado di realizzare il primo vaccino antipolio davvero efficace, sradicando la malattia da interi Paesi e salvando milioni di vite. Ricordiamo oggi il suo operato, a 32 anni esatti dalla morte.
Abram Saperstein nasce il 26 agosto 1906 nel ghetto ebraico della città polacca di Białystok. Appena 5 anni dopo, la sua famiglia decide di trasferirsi negli Stati Uniti, in parte a causa del crescente antisemitismo in Polonia. A 24 anni Abram ottiene la cittadinanza statunitense e cambia il proprio nome in Albert Bruce Sabin. Pur formandosi come promettente studente di odontoiatria, anche grazie a un ricco parente che gli paga l’università, egli decide un giorno di cambiare facoltà e dedicarsi alla medicina e in particolare alla microbiologia, rapito dalla lettura del libro I cacciatori di microbi di Paul de Kruif.
A 25 anni si laurea in medicina e inizia a lavorare all’università di Cincinnati, Ohio, dove qualche anno dopo diventa capo della ricerca pediatrica e soprattutto assistente e allievo del dottor William Hallock Park (già celebre studioso del vaccino della difterite), grazie al quale affina il suo studio e il suo interesse verso le malattie infettive. Poco tempo dopo i due decidono di dirigere le loro ricerche proprio sulla poliomielite, in seguito a una nuova epidemia scoppiata a New York. Un primo vaccino viene messo a punto nel 1934 dagli studiosi Brodie e Kolmer, ma la quantità di decessi registrata al momento della somministrazione frena sul nascere qualunque ulteriore studio in merito; solo un accorato appello del Presidente Roosevelt nel 1938, seguito da numerose campagne di raccolta fondi per la ricerca, ridà vita al progetto di un vaccino finalmente efficace.
È il 1939 quando Sabin riesce a dimostrare che il virus poliomielitico è un virus enterico (che cioè attacca l’intestino), e non respiratorio come ipotizzato in precedenza: si tratta della sua prima scoperta scientifica, e del primo passo verso lo sviluppo del suo vaccino. Nel frattempo, però, in Europa scoppia la Seconda Guerra Mondiale: Sabin si arruola l’anno successivo, finendo prima in Sicilia, poi in Giappone e infine in una Berlino semidistrutta dai bombardamenti, dove nel 1947 assiste a una brutale epidemia di polio. Tornato in America, Sabin espande le sue ricerche aprendo studi in varie università e ampliando enormemente il suo laboratorio, mentre la polio continua a mietere vittime sia in Europa che negli Stati Uniti.

La svolta si ha nel 1953, quando Sabin mette a punto un vaccino realizzato con una sospensione di virus attenuati, cioè impossibilitati a causare paralisi, che spingono l’organismo a produrre i giusti anticorpi. Sabin testa il vaccino su se stesso, su due colleghi, un tecnico del suo laboratorio e alcuni detenuti offertisi volontari: in seguito all’esito positivo di tutti i controlli del caso, egli lo somministra anche alle sue due figlie; quando ha prove sufficienti dell’efficacia del suo vaccino, le presenta alla NFIP (National Foundation for Infantile Paralysis).
Contemporaneamente a Sabin, uno scienziato di nome J.E. Salk sviluppa 3 vaccini antipolio (uno per ogni ceppo principale di virus) servendosi di virus uccisi con formalina: essi vengono somministrati tramite iniezione – invece che per via orale come quello di Sabin, che si scioglie in una zolletta di zucchero – a più di 400.000 bambini nel 1954, ma l’anno seguente molti di loro muoiono comunque di polio, rivelando che il metodo Salk non è del tutto efficace e provocando non solo il boicottaggio del suo vaccino, ma anche l’istituzione di una commissione parlamentare in cui viene consultato anche Sabin.
Nonostante venga dimostrato che il vaccino di Sabin riesce a prevenire la contrazione della malattia e non richiede ulteriori richiami dopo la prima somministrazione, egli deve attendere più tempo del collega prima che ne venga autorizzata l’applicazione, poiché l’utilizzo di virus vivi lo rende più rischioso; e anche a quel punto gli Stati Uniti non hanno sufficiente fiducia nel suo metodo, continuando a preferirgli Salk. Di parere opposto è invece l‘Unione Sovietica, che chiede a Sabin di somministrarlo alla propria popolazione; seguono Cecoslovacchia, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Jugoslavia e Singapore, con risultati straordinari. Nel 1966 viene reso obbligatorio in Italia ed elimina virtualmente la malattia dal Paese, ma a quel punto il successo è planetario e anche gli Stati Uniti finiscono per capitolare, ammettendone la somministrazione.
Dopo questa clamorosa vittoria sulla polio, Sabin continua a dedicarsi a studi immunologici su altre malattie anche dopo essere andato in pensione, per poi morire a 86 anni il 3 marzo 1993. Non brevetterà mai il suo vaccino nonostante l’insistenza di molti, determinato a mantenerlo accessibile a tutti e salvare più vite possibile: questo il suo “regalo a tutti i bambini del mondo”.