L’ayatollah Ruhollah Khomeini (1902-1989) fu il leader della Rivoluzione Islamica iraniana del 1979 e il fondatore della Repubblica Islamica dell’Iran. Figura carismatica e controversa, trasformò radicalmente il paese, rovesciando la monarchia dello scià Mohammad Reza Pahlavi e instaurando un regime teocratico basato sulla dottrina del Velayat-e Faqih (il governo del giurisperito islamico).
Ruhollah Khomeini nacque a Khomeyn, in Iran, il 17 maggio 1900 (secondo alcune fonti il 24 settembre 1902). Dopo aver completato gli studi religiosi, divenne una figura di spicco all’interno della comunità sciita iraniana. Nel 1929 sposò Khadijeh Saqafi, con la quale ebbe otto figli.

Khomeini, un religioso sciita formatosi nelle scuole teologiche di Qom, divenne noto negli anni ’60 per la sua opposizione alle riforme dello scià, considerate un tentativo di occidentalizzazione dell’Iran e una minaccia ai valori islamici. Arrestato ed esiliato nel 1964, trascorse anni tra Iraq, Francia e Turchia, continuando a diffondere le sue idee attraverso registrazioni e lettere che incitavano alla rivolta.
Nel 1979, con il crescente malcontento popolare, il regime dello scià crollò e Khomeini tornò in Iran accolto da milioni di sostenitori. Il referendum del 30 e 31 marzo sancì la nascita della Repubblica Islamica, con Khomeini come Guida Suprema, la massima autorità religiosa e politica del paese.
Il suo governo introdusse rigide leggi basate sulla sharia (un sistema giuridico islamico basato sugli insegnamenti e gli esempi del profeta Maometto, con implicazioni in numerosi settori della vita sociale e politica) limitò i diritti delle donne, abolì i partiti laici e represse l’opposizione. Sul piano internazionale, la crisi degli ostaggi americani (1979-1981) e la guerra Iran-Iraq (1980-1988) segnarono il suo mandato, consolidando l’isolamento dell’Iran e la sua postura anti-occidentale.
Khomeini morì nel 1989, lasciando un’eredità che ancora oggi influenza profondamente la politica e la società iraniana.