Il 12 febbraio 1951, nel sontuoso Palazzo Golestan di Teheran, si celebrava un matrimonio che sembrava uscito da una fiaba: quello tra Soraya Esfandiary-Bakhtiari e lo Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi. Giovane e bellissima, Soraya fu scelta dalla madre dello Scià dopo aver visto una sua fotografia. La loro unione sembrava promettente, ma dietro le apparenze di un sogno reale si celava un destino di sofferenza. Sette anni dopo, l’amore si scontrò con la ragion di Stato: Soraya non riusciva a dare un erede alla dinastia Pahlavi e venne ripudiata, guadagnandosi il triste appellativo di “principessa dagli occhi tristi”.

Nata nel 1932 in una famiglia aristocratica iraniana con forti legami con l’Europa, Soraya trascorse la sua infanzia tra Isfahan e la Svizzera. Nel 1948, durante un soggiorno a Londra, conobbe la principessa Shams, sorella dello Scià, che la ritenne la moglie perfetta per il sovrano. Il loro incontro avvenne in un ambiente ricchissimo, e tra Soraya e lo Scià scoccò subito la scintilla. Dopo appena ventiquattro ore, lui le chiese la mano. Tuttavia, alla vigilia delle nozze, Soraya contrasse il tifo e rischiò di morire. Durante la convalescenza, lo Scià le faceva recapitare un gioiello al giorno sul cuscino. Nonostante la debolezza, il matrimonio fu celebrato con una cerimonia lussuosa e Soraya indossò un abito di Christian Dior dal peso di 30 kg, così pesante che lo Scià dovette farne accorciare il lungo strascico per permetterle di reggersi in piedi.
I primi anni di matrimonio furono felici, ma la pressione di corte e la personalità dello Scià iniziarono presto a incrinare il rapporto. La famiglia reale era nota per le sue dinamiche tossiche. Il padre dello Scià era freddo e severo, mentre la madre, Tadj ol-Molouk, era possessiva e gelosa. Lo Scià stesso, al di là dell’immagine pubblica di marito devoto, era incline all’infedeltà, come già dimostrato nel suo precedente matrimonio con la principessa Fawzia d’Egitto.
Il vero dramma si consumò quando divenne chiaro che Soraya non poteva avere figli. Nel 1954, a 22 anni, le venne detto che avrebbe potuto impiegare anni per concepire. La situazione divenne ancora più critica con la morte del fratello dello Scià, Ali Reza, in un incidente aereo. Senza un erede diretto, la continuità della dinastia era a rischio. La corte fece pressioni sullo Scià affinché prendesse una seconda moglie, ma Soraya rifiutò categoricamente di condividerlo con un’altra donna. Alla fine, nel marzo 1958, venne annunciato il divorzio. Lo Scià si risposò l’anno successivo con Farah Diba, con cui ebbe quattro figli, rendendo ironicamente superflua la sua decisione di ripudiare Soraya.
Dopo il divorzio, Soraya visse tra Roma, Monaco e Parigi. Pur essendo ricca e circondata da gioielli sfarzosi, visse con un senso di perdita. Tentò la carriera cinematografica e si legò al regista Franco Indovina, che però morì tragicamente in un incidente aereo. Invecchiando, il suo stile di vita divenne più ritirato, fatta eccezione per le apparizioni nei salotti mondani parigini. Nel 1980, quando seppe che lo Scià era malato terminale, tentò di rivederlo, ma arrivò troppo tardi: era già morto.
Soraya morì sola nel 2001 a Parigi, all’età di 69 anni. Nessuno discusse pubblicamente la causa del decesso. Il suo patrimonio, inizialmente destinato al fratello Bijan, finì allo Stato tedesco dopo la sua morte.