In una delle piazze più celebri di Buenos Aires, Plaza de Mayo, un gruppo di donne ha scritto una pagina indimenticabile della storia argentina: si tratta delle Madri di Plaza de Mayo, tutte accomunate dalla scomparsa dei loro figli durante la brutale dittatura militare che insanguinò l’Argentina tra il 1976 e il 1983. Con i loro fazzoletti bianchi, queste donne non hanno solo cercato giustizia, ma hanno trasformato il lutto in una lotta universale per i diritti umani, diventando un punto di riferimento in tutto il mondo.
La storia delle Madri di Plaza de Mayo inizia il 30 aprile 1977, quando un piccolo gruppo di donne, guidate da Azucena Villaflor de De Vincenti, si riunì di fronte alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale argentino. I loro figli, oppositori del regime militare, erano stati inghiottiti dalla “guerra sporca”, un periodo di repressione feroce in cui migliaia di persone erano state arrestate, torturate e fatte sparire nei centri clandestini di detenzione: di questi desaparecidos, circa 30.000 secondo le stime delle Madri, era stata cancellata ogni traccia, lasciando le famiglie in un limbo di angoscia.
Le Madri, armate solo della loro determinazione, iniziarono a marciare in cerchio attorno alla piramide al centro della piazza ogni giovedì pomeriggio, per chiedere verità e giustizia. Il loro simbolo era un fazzoletto bianco annodato in testa: un richiamo ai pannolini di tela dei loro figli e un gesto che trasformò il dolore personale in una protesta collettiva. Ma il regime non rimase a guardare: Azucena Villaflor e altre fondatrici furono a loro volta sequestrate e uccise, e i loro corpi furono ritrovati anni dopo sulle coste argentine, come rivelato da documenti americani declassificati nel 2002.

Nel 1986 alcune divergenze interne portarono alla separazione delle Madri in due gruppi: l’Asociación Madres de Plaza de Mayo, guidata da Hebe de Bonafini, e le Madres de Plaza de Mayo – Línea Fundadora. La causa fu l’offerta di risarcimenti economici da parte del governo di Raúl Alfonsín: alcune Madri, in condizioni di estrema povertà, li accettarono, mentre altre, sotto la guida di Bonafini, li rifiutarono, vedendoli come un tentativo di comprare il loro silenzio.
L’Asociación di Bonafini adottò un approccio fortemente politicizzato, abbracciando ideali marxisti e peronisti e sostenendo movimenti come quello zapatista in Messico, o i governi di Hugo Chávez ed Evo Morales. Le sue battaglie si estesero ai diritti degli indigeni e alla lotta contro il capitalismo e assunsero spesso posizioni controverse, come le critiche al papa Giovanni Paolo II, definito “Giuda” per il suo presunto appoggio a dittatori come Pinochet. Le Madres – Línea Fundadora, invece, si concentrarono sulla memoria e sull’educazione: guidate da figure come Estela de Carlotto, anche fondatrice delle Nonne di Plaza de Mayo, si dedicarono a ricostruire la storia dei desaparecidos attraverso incontri nelle scuole e progetti archeologici nei luoghi della repressione. Per loro, ricordare il passato fu un modo per evitare che gli orrori si ripetessero.
Le Madri di Plaza de Mayo non si sono mai fermate, e anche le Nonne hanno ottenuto risultati straordinari nel tempo, identificando con test del DNA centinaia di bambini che erano stati sottratti alle famiglie dei desaparecidos e dati in adozione a famiglie vicine al regime. La loro lotta ha ispirato artisti di tutto il mondo: dagli U2 con Mothers of the Disappeared a Sting con They Dance Alone, fino all’opera lirica Staba la madre di Luis Bacalov. Nonostante le divisioni e le critiche, come quelle mosse a Hebe de Bonafini per la sua vicinanza al governo Kirchner o per un caso di presunta appropriazione indebita nel 2016, le Madri rimangono un simbolo universale. La loro marcia settimanale in Plaza de Mayo è un monito: finché la giustizia non sarà completa, il loro grido non si spegnerà.