Quando le sue note risuonano anche Louis, lo scatenato terzogenito di William e Kate viene richiamato all’ordine. D’altronde nessuno in tutto il Regno Unito oserebbe nona vere il giusto comportamento durante l’esecuzione di God Save the King/Queen. Che si tratti dell’inizio di una partita di calcio o di un evento ufficiale, l’inno nazionale britannico risuona di tradizione e monarchia in ogni sua singola nota. Ma a chi si deve la sua composizione e, soprattutto, com’è stato pensato?
Iniziamo con il dire che si tratta dell’inno nazionale più antico riconosciuto dalla Storia. La sua nascita si colloca tra il 1736 e il 1740, anche se viene adottato per la prima volta in via ufficiale il 28 settembre 1744. È durante il regno di Vittoria, però, che assume il ruolo istituzionale effettivo che non lascerà mai più. Quello che non tutti sanno, comunque, è che il suo utilizzo non è sancito da nessun tipo di legge parlamentare o proclama reale. Piuttosto si tratta di una consuetudine consolidata nel tempo che non deriva da alcuna ufficialità. Poi, diciamo anche che il testo cambia a seconda che il monarca sia un re, come nel caso attuale di Carlo III, o regina.
Chi ha scritto God Save the King/Queen?
Ma chi è l’uomo che ha composto l’inno? In questo caso c’è una controversia storica che non è mai stata risolta e, ovviamente, mai lo sarà. Secondo delle fonti non ufficiali, God Save The King/Queen è da attribuire a Thomas Arne, compositore britannico conosciuto per aver scritto il brano patriottico Rule, Britannia!. Altre, invece, lo ricollegano all’organista John Bul. Versioni comune, comunque, preferiscono considerare l’inno fatto di un autore anonimo non essendoci nessun tipo di documentazione effettiva a riguardo. Il testo stesso, poi, viene considerato come un insieme i frasi in cui la politica e la religione si uniscono. Particolare certo non insolito per un paese dove il sovrano è anche il capo della Chiesa Anglicana.
Per quanto riguarda la melodia, poi, non esiste nemmeno uno standard di esecuzione ben preciso. Un vuoto che Giorgio V ha cercato di colmare nel 1933 con una vera e propria ordinanza del metronomo, delle dinamiche e dell’orchestrazione per le bande militari. In questo modo, dunque, all’inno viene restituita una certa solennità religiosa che, probabilmente, era voluta fin dalle sue origini.
Secondo questo regolamento, dunque, la prima frase deve essere suonata pianissimo al tempo di 60 bpm dai bassi e dai corni. Dopo il passaggio realizzato da trombe e tamburi sulla breve scala, poi, si aggiunge tutta l’orchestra con un fortissimo, nel tempo più largo di 52 bpm. Questa versione rappresenta la modalità d’esecuzione più comune, e non è usata quando, come negli onori al sovrano, dev’essere eseguita solo la prima frase. In quel caso l’orchestra suona sempre fortissimo e al tempo più rapido. Quando, invece, l’inno viene cantato si prevede il trasporto in fa maggiore. Complicato e regolamentato? Ovviamente, come tradizione monarchica comanda.