Nei manuali di Storia è considerato come un evento fondativo dell’Europa moderna, una lezione sempre attuale di diplomazia, potere e ordine internazionale. Ma anche un avviso su come, una volta innestato il cambiamento, è impossibile tornare indietro. Si tratta, ovviamente, del Congresso di Vienna, riunito tra il novembre 1814 e il giugno 1815, all’indomani delle guerre napoleoniche.
Promosso dall’Austria e guidato da figure di spicco come il principe austriaco Metternich, il ministro britannico Castlereagh, lo zar Alessandro I e il francese Talleyrand, riunisce tutte le principali potenze europee. L’obiettivo? Ripristinare l’equilibrio dopo l’uragano rivoluzionario francese e napoleonico. Non si tratta, però, solo di restaurare monarchie cadute, ma soprattutto di costruire un nuovo assetto per impedire il ritorno di guerre sistemiche.

Uno dei concetti centrali del Congresso, infatti, è l’equilibrio di potenza, un principio che avrebbe influenzato la diplomazia per oltre un secolo. Le decisioni prese a Vienna, dal ritorno della monarchia in Francia alla creazione della Confederazione germanica, tracciano un ordine internazionale che, con alterne vicende, riesce a durare fino alla Prima guerra mondiale. Non a caso molti storici parlano di un lungo Ottocento, iniziato proprio lì.
Ma perché parlarne ancora oggi? Perché il Congresso di Vienna è un esempio straordinario di diplomazia multilaterale. In un’epoca come la nostra, segnata da crisi geopolitiche globali, guerre e tensioni tra blocchi, la lezione di Vienna è più attuale che mai. Nonostante le differenze culturali, religiose e ideologiche, infatti, le potenze del tempo trovano un compromesso. L’obiettivo non è la pace giusta, ma la pace possibile.
Certo, non mancano le ombre. Il Congresso, infatti, ha ignorato le aspirazioni liberali e nazionali dei popoli europei, piantando i semi delle rivoluzioni successive. Ma proprio per questo rappresenta anche un monito: senza un equilibrio tra stabilità e partecipazione, l’ordine imposto rischia di essere effimero.
Parlare oggi del Congresso di Vienna, dunque, significa riflettere sulle radici profonde della diplomazia europea e su quanto, nel caos della contemporaneità, possiamo ancora imparare da quel tentativo, imperfetto ma ambizioso, di costruire un mondo più stabile.