L’8 giugno 452 Attila invase l’Italia, una data che ancora oggi, dopo 1573 anni, risuona nella memoria storica come simbolo della brutalità barbarica che mise in ginocchio l’Impero Romano d’Occidente. Ma chi era davvero questo condottiero che terrorizzò l’Europa intera e che la storia ricorda come il “Flagello di Dio”?
Attila nacque intorno al 395 e morì in Pannonia il 16 marzo 453, governando un impero vastissimo dall’Europa centrale al Mar Caspio, dal Danubio al Mar Nero. Nato nel Caucaso intorno al 406 (le fonti differiscono sulla data esatta), figlio di Mundzuk, rimase orfano di padre fin da bambino. Secondo le tradizioni unne, imparò ad andare a cavallo prima ancora di camminare e all’età di soli cinque anni aveva già appreso l’arte del combattimento con arco e frecce.
Nel 434 divenne re degli Unni della pianura ungherese (Pannonia), inizialmente insieme al fratello Bleda, del quale si liberò ben presto per restare sovrano assoluto. Il suo nome gotico significava “piccolo padre”, ma le sue caratteristiche fisiche, descritte dallo storico Prisco di Panion, erano ben lontane dall’immagine di un gigante:
“Basso di statura, con un largo torace e una testa grande; i suoi occhi erano piccoli, la sua barba sottile e brizzolata; e aveva un naso piatto e una carnagione scura, che metteva in evidenza la sua origine“.

L’invasione dell’Italia del 452 fu scatenata dalla richiesta di matrimonio con Giusta Grata Onoria, sorella dell’imperatore Valentiniano III. Paradossalmente, era stata proprio Onoria a chiedere l’intervento di Attila, per evitare un matrimonio combinato con il senatore Flavio. Tuttavia, gli storici moderni ritengono che Onoria fosse solo un pretesto e non il reale motivo che spinse Attila a dichiarare guerra all’Impero d’Occidente.
Attraversò le Alpi Giulie e l’8 giugno 452 penetrò in Italia, devastando il territorio settentrionale. Ad Aquileia, in Friuli, incontrò la prima grande resistenza, mentre Milano cadde dopo un assedio che portò alla distruzione della città. Giunse fino alla Pianura Padana, dove si attestò presso Mantova, alla confluenza tra il fiume Po e il Mincio.
Ma la fama di flagello di Dio era meritata o no? Durante la battaglia dei Campi Catalaunici, lo storico goto Giordane narra che “i reduci dovevano calmare la sete bevendo acqua mista a sangue”, un dettaglio che testimonia la brutalità degli scontri. Tuttavia, recenti studi archeologici e storici hanno iniziato a ridimensionare l’immagine del “barbaro assetato di sangue”.
Un nuovo studio propone una spiegazione alternativa alla descrizione di Attila come sovrano barbaro assetato di sangue e potere, suggerendo che molte delle sue azioni fossero motivate dalla necessità di sfamare e proteggere il suo popolo nomade. Gli Unni, infatti, erano un popolo guerriero di origine siberiana che probabilmente discendeva da uno stesso ceppo dei Turchi, proveniente dall’Asia, e che giunse in Europa nel IV secolo.
Attila rimane una figura controversa nella storia europea. Se da un lato rappresentò la minaccia barbarica per eccellenza contro la civiltà romana, dall’altro fu un abile stratega e diplomatico che riuscì a unificare sotto il suo comando tribù diverse e a creare uno degli imperi più estesi dell’antichità tardiva.
La vittoria romana ottenuta ai Campi Catalaunici non fu decisiva: Flavio Ezio non volle sfruttarla appieno, nel timore che l’annientamento degli Unni avrebbe accresciuto troppo la forza degli alleati Visigoti. Questo calcolo politico permise ad Attila di riorganizzarsi e lanciare l’anno successivo la campagna italiana che avrebbe segnato uno dei momenti più drammatici della caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
La morte di Attila nel 453, avvenuta nella notte di nozze con la giovane Ildico, pose fine all’impero unno ma non alla sua leggenda.