La febbre Oropouche è una malattia tropicale virale causa dal virus OROV. Si tratta di una patologia diffusa in regioni amazzoniche, che si trasmette con la puntura del moscerino Culicoides Paraensis e di zanzare. A oggi sono 500 mila casi diagnosticati dal 1955, soprattutto in Bolivia, Brasile, Colombia e Perù e Cuba. Al momento, non si ravvisano casi di Oropouche trasmessi con contagio da umano a umano. Il suo nome deriva dal fiume Oropouche, a Trinidad e Tobago, dove nel 1955 fu scoperto e isolato il virus responsabile di questa patologia.
Una volta entrati in contatto con il virus, i sintomi si manifestano a 3-8 giorni dalla puntura dell’insetto vettore. E sono simili a quelli di altre malattie simili come dengue, Zika o chikungunya:
- febbre oltre i 39 °C
- mal di testa,
- dolore retrorbitale
- malessere generale
- Dolore muscolare e alle articolazioni
- nausea e vomito
- sensibilità alla luce
Talvolta può esserci un’infezione del sistema nervoso centrale con meningite ed encefalite.
Come per ogni malattia virale, non esiste una cura specifica ma vanno trattati i singoli sintomi. Quindi, in caso di febbre Oropouche bisogna somministrare antipiretici e antidolorifici.
La prognosi è totalmente benigna e in sette giorni di riposo si guarisce completamente. Nel caso l’infezione fosse persistente, il tempo di guarigione può arrivare a qualche settimana.
Il primo caso di Oropouche in Italia, ravvisato in una paziente di rientro in Veneto da un viaggio ai Caraibi, così come i casi di Dengue individuati nelle scorse settimane, indica come questo genere di malattie, dette arbovirosi, siano in crescente aumento.
Ciò dipende naturalmente dai cambiamenti climatici e dal progressivo innalzamento delle temperature che rendono le nostre città simili a località tropicali. In futuro, dunque, dovremo imparare a convivere con infezioni simili. Senza mai abbassare la guardia. Sviluppando, come in questo caso, test diagnostici in grado di evidenziare subito il contagio.