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Home » Innovazione » Scienza » Che cos’è la stanchezza cronica, perché non è solo stanchezza e quando dobbiamo preoccuparci

Che cos’è la stanchezza cronica, perché non è solo stanchezza e quando dobbiamo preoccuparci

La stanchezza cronica è una condizione debilitante che non migliora con il riposo e può indicare la Sindrome da Fatica Cronica (ME/CFS).
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino7 Aprile 2025
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persona addormentata
persona addormentata (fonte: Unsplash)
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La stanchezza cronica non è semplice spossatezza passeggera, né un normale calo di energia legato allo stress quotidiano o al cambio di stagione. Quando l’affaticamento persiste da mesi, compromette la vita quotidiana e non migliora con il riposo, si è di fronte a un possibile quadro clinico più complesso: la Sindrome da Fatica Cronica (CFS, dall’inglese Chronic Fatigue Syndrome), o Encefalomielite Mialgica (ME/CFS), secondo la denominazione più aggiornata in ambito medico-scientifico.

Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), questa condizione colpisce è ritenuta ampiamente sottodiagnosticata a causa della sua natura eterogenea e della mancanza di un test specifico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la riconosce come una malattia neurologica sin dal 1969.

La stanchezza cronica si distingue da quella fisiologica per durata, intensità e impatto funzionale. Per poter parlare di ME/CFS, devono essere presenti alcuni criteri clinici fondamentali, come stabilito dall’Istituto di Medicina (IOM) degli Stati Uniti nel 2015:

  • riduzione sostanziale della capacità di svolgere attività quotidiane per almeno sei mesi;
  • stanchezza profonda e non alleviata dal riposo;
  • malessere post-sforzo, ovvero un peggioramento dei sintomi dopo uno sforzo anche minimo, spesso con ritardo temporale;
  • disturbi cognitivi (come difficoltà di concentrazione o perdita di memoria a breve termine);
  • sonno non ristoratore.

In molti pazienti si riscontrano anche sintomi aggiuntivi come dolori muscolari e articolari, mal di gola ricorrenti, linfonodi ingrossati e ipersensibilità a luce e rumori.

ragazza sul letto
ragazza sul letto (fonte: Unsplash)

La causa esatta della ME/CFS rimane oggetto di studio. Tuttavia, la letteratura scientifica suggerisce una combinazione multifattoriale. Per esempio infezioni virali (come Epstein-Barr o, più recentemente, il SARS-CoV-2), disfunzioni del sistema immunitario, alterazioni neuroendocrine (in particolare dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene), infiammazione cronica a basso grado e squilibri del microbiota intestinale.

Numerosi studi hanno identificato marcatori biologici potenzialmente associati alla sindrome, come alterati livelli di citochine infiammatorie, stress ossidativo, e anomalie nel metabolismo energetico mitocondriale. Alcuni ricercatori ipotizzano che la ME/CFS possa avere una natura autoimmunitaria.

È consigliabile rivolgersi al medico quando la stanchezza, come detto, persiste per più di sei mesi senza altra causa apparente. O se interferisce significativamente con la vita lavorativa o sociale. Devono allarmare anche sintomi come febbricola, dolori diffusi e difficoltà cognitive.

Una valutazione accurata deve escludere patologie simili o concomitanti, come anemia, disturbi tiroidei, diabete, depressione maggiore, fibromialgia o infezioni croniche. Non esiste attualmente un esame diagnostico specifico per la ME/CFS. La diagnosi è clinica e differenziale, basata su anamnesi dettagliata, esami di laboratorio ed eventuali visite specialistiche.

Al momento non esiste una cura risolutiva. Le principali linee guida internazionali raccomandano un approccio multidisciplinare e personalizzato, con particolare attenzione alla gestione dei sintomi, alimentazione e stile di vita.

Il riconoscimento della stanchezza cronica come patologia vera e propria è fondamentale per evitare la stigmatizzazione dei pazienti, spesso accusati di immaginarsi i sintomi. La ME/CFS è invece una condizione debilitante, cronica, e riconosciuta da autorità sanitarie globali come una priorità medica non ancora risolta.

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