Molti di noi hanno imparato a scuola che i pianeti del Sistema Solare sono 9: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone. Quest’ultimo corpo celeste, a partire dal 2006, è stato tuttavia oggetto di una controversia che lo ha visto declassato a “pianeta nano” e che non si è ancora conclusa. Raccontiamo allora la storia dell’osservazione di Plutone, partendo dallo scienziato che per primo lo scoprì, e cerchiamo di capire se davvero esso possa definirsi un pianeta vero e proprio.
Nel 1930 un giovane astronomo di nome Clyde Tombaugh stava proseguendo le ricerche di molti suoi predecessori sulla presenza di un ipotetico Pianeta X, responsabile di inspiegabili deviazioni nelle orbite di Urano e Nettuno. E proprio nel corso di questi studi, condotti all’Osservatorio Lowell in Arizona, fece un giorno una scoperta sensazionale: confrontando due lastre fotografiche di una stessa porzione di cielo e risalenti a momenti diversi, notò dei movimenti da parte di un corpo celeste a breve distanza dalla costellazione dei Gemelli.
Il corpo celeste in questione era quello che di lì a poco sarebbe stato chiamato per molti anni il pianeta Plutone. Esso ha una forma sferoidale, un’orbita inclinata e schiacciata rispetto agli altri pianeti del Sistema Solare, e 5 satelliti (Caronte, Notte, Idra, Cerbero e Stige); ma soprattutto ha una massa 30 volte inferiore rispetto a Mercurio: troppo piccolo, quindi, per influenzare il moto di pianeti come Urano e Nettuno e coincidere con il tanto agognato Pianeta X.
Nonostante le anomalie che presentava, Plutone continuò a essere considerato un pianeta a tutti gli effetti fino al 2005, quando una nuova scoperta da parte del professor Mike Brown della CalTech mise tutto in discussione: si trattava di un nuovo oggetto transnettuniano – stessa categoria a cui apparteneva Plutone, cioè un corpo celeste situato oltre l’orbita di Nettuno – ben presto chiamato Eris, come la dea greca della discordia. Eris presentava le stesse caratteristiche di Plutone, anomalie comprese, ma anche una massa maggiore rispetto a quest’ultimo.

A quel punto, nonostante la NASA si fosse affrettata ad annunciare la scoperta del “decimo pianeta”, l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) decise nel 2006 di vederci chiaro e istituire una commissione per elaborare una definizione oggettiva e precisa di pianeta, soprattutto alla luce della scoperta di altri due “pianeti”, ossia Makemake e Haumea. Il risultato fu la cosiddetta Risoluzione B5, che definisce un pianeta come un corpo celeste che:
- orbita attorno al sole;
- ha una massa sufficiente affinché la sua gravità vinca le forze di corpo rigido, dandogli una forma di equilibrio idrostatico (quasi sferica);
- ha ripulito le proprie vicinanze orbitali, ossia non vi sono nella sua orbita altri corpi di dimensioni comparabile che non siano suoi satelliti o ad esso gravitazionalmente legati.
A questa definizione si aggiunge quella di pianeta nano, ossia un corpo celeste che:
- orbita attorno al sole;
- ha una massa sufficiente affinché la sua gravità vinca le forze di corpo rigido, dandogli una forma di equilibrio idrostatico (quasi sferica);
- non ha ripulito le proprie vicinanze orbitali;
- non è un satellite.
Proprio in questa categoria vennero fatti rientrare Plutone, Eris, Haumea, Makemake e altri oggetti transnettuniani dalle caratteristiche fino ad allora considerate anomale. È in seguito alla Risoluzione B5 -che ammette la presenza di soli 8 pianeti nel Sistema Solare – che si parla comunemente di declassamento di Plutone a pianeta nano, ma sappiamo adesso che si tratta di un concetto inesatto, poiché prima del 2006 non esisteva nemmeno una definizione ufficiale di pianeta.
Lo status di Plutone in quanto pianeta, pianeta nano o semplice oggetto transnettuniano è ancora oggetto di discussione sia tra scienziati che nella cultura popolare. Ma nonostante vi siano anche numerosi studiosi che tuttora considerano Plutone un pianeta, ritenendo incomplete e arbitrarie le conclusioni tratte dalla IAU, l’Associazione ribadisce la legittimità della sua Risoluzione e non sembra avere alcuna intenzione di fare passi indietro.