È un riflesso condizionato naturale e sano, quello di far partire la playlist di Spotify con la musica che ascoltavamo da adolescenti. Senza saperlo attiviamo quella che in gergo scientifico si chiama “nostalgia neurale”. Di cosa si tratta? Di quella serena beatitudine che proviamo quando il cervello elabora una musica che ci riporta al passato.
Si tratta di un meccanismo non tanto di difesa, quanto di vera e propria ricostruzione (anche risanamento) quello a cui diamo vita cliccando play sulle canzoni che ci hanno accompagnate o accompagnati in preadolescenza, adolescenza e immediata post adolescenza. Un lasso di tempo compreso grosso modo tra i 10 e i 19 anni in cui la nostra personalità si forma anche attraverso la modellazione dei nostri gusti musicali.
Cervello, orecchie, suoni, musica, voci sono tutti uniti da un filo rosso emozionale legato alla stimolazione della corteccia uditiva. In un certo modo la musica interagisce con la parte più profonda di noi. Se cantare smuove la corteccia premotoria, ballare fa sincronizzare i neuroni al ritmo. Ma, e qui sta il bello, ascoltando le parole ed entrando nel senso dei testi, si attiva la corteccia parietale.
E i ricordi? La memoria parte quando a stimolarsi è la corteccia prefrontale. Negli anni dell’adolescenza, poi, il cervello compie un ulteriore passo nella sua evoluzione. Ecco perché le canzoni che ascoltiamo in quel momento sono le più incollate alla testa, perché in quel momento diventiamo grandi. Un meccanismo perfetto in cui le emozioni si collegano a uno sviluppo neuronale.
Perché la nostalgia, oltre essere una delle deliziose nuove emozioni di Inside Out 2, è connessa a regioni cerebrali implicate nell’autoriflessione (quando scandagliamo ogni anfratto della nostra storia personale) e nella memoria autobiografica. Essa inoltre rappresenta un porto sicuro nei momenti minacciosi o semplicemente tristi.
E la nostalgia è spesso una risposta neurale alla musica. Quando vi siamo immerse o immersi, il nostro corpo si sente improvvisamente meglio. Lo dimostrano degli studi con brain imaging, ovvero in cui il cervello è “immortalato” sotto stimolo. Le canzoni più amate fanno brillare di gioia le aree del piacere, rilasciando dopamina, serotonina, ossitocina, i neurotrasmettitori della felicità.
Perciò, filate ad ascoltare le vostre canzoni di gioventù. Non siete Boomer, ma solo persone che vogliono stare bene.