La sindrome epilettica gelastica, conosciuta anche come “malattia del Joker”, è una forma rara di epilessia caratterizzata da improvvisi attacchi di risate incontrollabili. Nonostante possano sembrare risate normali, sono in realtà il risultato di una scarica elettrica anomala nel cervello, specificamente nell’ipotalamo. Questa condizione, che può manifestarsi fin dalla prima infanzia, è spesso confusa con disturbi comportamentali o emotivi, ritardando così la diagnosi e il trattamento. Oggi, però, nuove terapie offrono la possibilità di gestire efficacemente la malattia, migliorando la qualità della vita dei pazienti.

Le crisi gelastiche derivano da un’amartoma ipotalamico (HH), una lesione benigna presente sin dalla nascita. Il disturbo è difficile da riconoscere nei primi anni di vita, poiché le risate involontarie possono sembrare normali espressioni infantili. Tuttavia, col tempo, i sintomi diventano più evidenti: le risate appaiono improvvise, inappropriate e non associate ad alcuna emozione positiva. Il paziente può anche mostrare una smorfia forzata, sguardo assente o movimenti automatici come il battito delle labbra e l’agitazione fisica. Inoltre, alcuni soggetti sperimentano sensazioni di panico o disagio prima dell’attacco, seguite da una ricerca di conforto.
La diagnosi è spesso tardiva perché queste crisi non somigliano alle classiche crisi epilettiche con convulsioni. La conferma avviene tramite EEG, che registra l’attività cerebrale, sebbene possa non rilevare anomalie se la crisi non è in corso. Per questo, la risonanza magnetica (MRI) e la tomografia computerizzata (TAC) sono strumenti fondamentali per individuare l’amartoma ipotalamico e confermare la diagnosi.
Il trattamento varia a seconda della gravità dei sintomi. I farmaci antiepilettici, come carbamazepina, lamotrigina e levetiracetam, possono ridurre la frequenza e l’intensità delle crisi. Nei casi più gravi, la chirurgia può essere un’opzione efficace. La laser ablazione utilizza calore focalizzato per eliminare le cellule responsabili delle crisi senza danneggiare le aree circostanti. Anche la radioterapia può essere utile nel ridurre la dimensione dell’amartoma, migliorando i sintomi.
Nelle scorse ore, i medici dell’Unità operativa di Neuroradiologia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aoui) di Verona, hanno curato un giovane veronese, Federico Orlandi, affetto da questa patologia, con un trattamento innovativo senza chirurgia open, basato sugli ultrasuoni. L’intervento, effettuato per la prima volta in Europa. è perfettamente riuscito. Il trattamento MRgFUS, questo il suo nome, è più preciso, mininvasivo e senza cicatrici. Di solito, si utilizza per trattare il tremore come sintomo isolato e nei malati di Parkinson.