L’idea di “mettere ordine nell’universo” e dare un nome a tutti gli elementi che compongono il nostro mondo, classificandoli secondo un ordine preciso, è praticamente innata nella storia dell’umanità. Solo nel XIX secolo, dopo innumerevoli progressi dal punto di vista scientifico, fu possibile raggiungere questo primo traguardo: il 6 marzo 1869, esattamente 156 anni fa, il chimico Dmitri Ivanovič Mendeleev presentò alla Società Chimica Russa la prima bozza della sua tavola periodica degli elementi, sul cui modello ci si basa ancora oggi per lo studio degli elementi chimici.
I primi tentativi di ordinare, annotare ed elencare gli elementi in modo univoco e preciso erano già stati fatti nel corso della storia, man mano che se ne scoprivano di nuovi o se ne scoprivano alcune particolari proprietà: si ricorda ad esempio il raggruppamento operato dal francese Antoine Lavoisier nel 1789, che suddivideva i 33 elementi fino ad allora conosciuti in gas, metalli, non-metalli e terrosi; o ancora quello di Johann Wolfgang Döbereiner nel 1817, basato su gruppi di 3 elementi con caratteristiche chimiche simili. Ogni scienziato proponeva un modello diverso, ma cresceva l’esigenza di proporre un criterio unico per queste classificazioni.
Nel 1862 il geologo francese De Chancourtois scoprì per primo la periodicità degli elementi, ossia il variare con cadenza periodica di alcune loro caratteristiche all’aumentare del loro numero atomico; la sua prima rudimentale tavola venne però largamente ignorata dagli scienziati, in quanto basata su termini e concetti provenienti dalla geologia invece che dalla chimica. Nel 1864 il chimico tedesco Julius Lothar Meyer pubblicò una tavola in cui classificava 44 elementi in base alla loro valenza (ossia il numero di elettroni persi, guadagnati o messi in comune in un legame con altri atomi).

Proprio in quel periodo anche Mendeleev stava elaborando una sua classificazione che, come abbiamo detto, presentò nel 1869: essa ordinava gli elementi in righe e colonne in base al loro peso atomico; veniva aggiunta una nuova riga o colonna quando le caratteristiche degli elementi cominciavano a ripetersi. Nonostante sia la tavola di Meyer che quella di Mendeleev fossero particolarmente apprezzate dall’ambiente scientifico, venne adottata quella di quest’ultimo poiché considerata più precisa. Essa inoltre prevedeva degli spazi lasciati appositamente vuoti, corrispondenti a elementi che non erano ancora stati scoperti.
Tale scelta si rivelò particolarmente lungimirante in vista delle successive scoperte nel campo della chimica, anche per la longevità della tavola stessa, alla quale fu ad esempio aggiunta la colonna dei gas nobili dopo la loro scoperta tra il 1885 e il 1890. La versione definitiva della tavola periodica degli elementi, ossia quella che si usa oggi, è stata redatta da Paul Pfeiffer nel 1920 proprio in base alle più recenti scoperte, ma la sua struttura continuò a essere leggermente modificata nel tempo. La più recente risale al 2015 e ammette la presenza dei nuovi elementi nihonio, moscovio, tennessino e oganesson, che sono andati a occupare rispettivamente le caselle 113, 115, 117 e 118 completando infine la settima riga della tavola di Mendeleev.