Isaac Newton, con i suoi esperimenti rivoluzionari sulla luce e i prismi, dimostrò che la luce bianca non era pura, ma composta da un insieme di colori distinti, ognuno con proprie proprietà fisiche. Questa scoperta, passata alla storia come Teoria del Colore, segnò l’inizio della moderna scienza del colore. Tuttavia, fu contestata. E anche superata.
Newton iniziò i suoi studi nel 1665, durante un periodo di isolamento nella sua casa natale a Woolsthorpe-by-Colsterworth. Per analizzare la luce, incise un piccolo foro in una tenda, permettendo a un sottile raggio di sole di entrare nella stanza. Facendo passare il raggio attraverso un prisma, notò che si scomponeva in un fascio allungato di colori, invece di mantenere la forma circolare originale. Questo lo portò a ipotizzare che i colori non fossero dovuti a impurità nella luce, come si credeva all’epoca, ma fossero una componente intrinseca della luce stessa.

Per confermare la sua teoria, Newton utilizzò un secondo prisma. Invece di produrre nuovi colori, il secondo prisma ricombinava i colori separati nel raggio originale, restituendo la luce bianca. Questo esperimento dimostrò che la luce bianca è composta da una miscela di colori, i quali possono essere separati e poi ricomposti senza alterarne la natura.
Newton portò avanti ulteriori esperimenti per determinare le proprietà specifiche di ciascun colore. Fece passare fasci di luce colorata attraverso un secondo prisma e osservò che ogni colore si rifrangeva con un angolo specifico, senza ulteriori alterazioni. Da ciò dedusse che ogni colore ha una refrangibilità propria, ossia una caratteristica intrinseca che determina come viene deviato quando attraversa un mezzo trasparente.
Nel febbraio del 1672 pubblicò i risultati delle sue ricerche nel New Theory of Light and Colors sulla rivista della Royal Society. Le sue idee furono criticate, in particolare da Robert Hooke, che aveva proprie teorie sulla luce. Nonostante le controversie, Newton continuò le sue ricerche e nel 1704 pubblicò Opticks, un’opera fondamentale che definì le basi della moderna ottica. In questo trattato, egli introdusse il concetto dei sette colori fondamentali dello spettro visibile: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto (ROYGBIV), che costituiscono i colori dell’arcobaleno.
La teoria di Newton influenzò anche la distinzione tra il colore della luce e il colore dei materiali. Egli comprese che gli oggetti non possiedono colori intrinseci, ma riflettono selettivamente certe lunghezze d’onda della luce. Ad esempio, una foglia appare verde perché assorbe la luce nelle lunghezze d’onda del rosso e del blu, riflettendo invece quella verde. Questa distinzione tra colori additivi (della luce) e sottrattivi (dei materiali) è alla base delle moderne tecniche di stampa e dei display elettronici.
Nonostante la solidità scientifica della sua teoria, essa fu successivamente messa in discussione da Johann Wolfgang von Goethe, che riteneva il colore un fenomeno percettivo più che fisico. Il suo lavoro, Zur Farbenlehre (1810), esplorava l’influenza psicologica e soggettiva dei colori, una prospettiva che trovò grande accoglienza tra artisti e filosofi.
Gli studi di Newton rappresentarono una svolta nella comprensione della luce e del colore. Il suo approccio sperimentale gettò le basi per lo sviluppo della spettroscopia e della teoria quantistica della luce. Le tesi di Newton sono ancora valide e costituiscono la base dell’ottica moderna. Tuttavia, la sua idea che la luce fosse composta da particelle (corpuscoli) è stata superata dalla teoria ondulatoria di Huygens e, successivamente, dalla meccanica quantistica, che descrive la luce come sia onda che particella (dualismo onda-particella). Inoltre, la percezione del colore è oggi studiata anche dal punto di vista fisiologico e psicologico, come suggerito da Goethe.