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Home » Innovazione » Scienza » Avete mai visto due buchi neri “danzare” assieme? Gli scienziati li hanno immortalati per la prima volta

Avete mai visto due buchi neri “danzare” assieme? Gli scienziati li hanno immortalati per la prima volta

Per la prima volta catturata l'immagine di due buchi neri in orbita nel quasar OJ287. Una scoperta storica che conferma l'esistenza dei sistemi binari.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene10 Ottobre 2025
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La presenza dei due buchi neri del quasar OJ287 immortalata dalle loro emissioni di onde radio
La presenza dei due buchi neri del quasar OJ287 immortalata dalle loro emissioni di onde radio (fonte: University of Turku)
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Per la prima volta nella storia dell’astronomia, gli scienziati sono riusciti a catturare un’immagine di due buchi neri che orbitano l’uno attorno all’altro. La scoperta, pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal, offre la prova visiva definitiva dell’esistenza di sistemi binari di buchi neri, un fenomeno teorizzato da decenni ma mai osservato direttamente fino ad oggi.

I due giganti cosmici si trovano al centro di un quasar chiamato OJ287, a circa 5 miliardi di anni luce dalla Terra. Il quasar è un nucleo galattico estremamente luminoso che si forma quando il buco nero supermassiccio al centro di una galassia divora il gas e la polvere cosmici circostanti, emettendo una luce trilioni di volte più brillante di quella del nostro Sole.

Il buco nero più grande del sistema ha una massa circa 18 miliardi di volte superiore a quella del Sole, mentre il compagno più piccolo pesa “solo” 150 milioni di masse solari. I due oggetti percorrono un’orbita completa l’uno attorno all’altro ogni 12 anni circa, in quella che i ricercatori hanno definito una danza mortale destinata a concludersi con la fusione dei due corpi celesti.

La sfida principale nell’osservare questi sistemi binari risiede nel fatto che i buchi neri sono per definizione invisibili: la loro gravità è così intensa che nemmeno la luce può sfuggire. Gli astronomi sono però riusciti a identificarli attraverso i getti di particelle che emettono ad altissima velocità. Il buco nero più grande produce un getto intenso e luminoso, mentre quello più piccolo genera quello che i ricercatori hanno descritto come una “coda scodinzolante”.

Questo particolare aspetto è dovuto al fatto che il buco nero minore ruota attorno al suo compagno a velocità elevatissima, causando la torsione del suo getto in direzioni diverse durante il movimento orbitale. Il fenomeno è paragonabile al getto d’acqua di una canna da giardino rotante, che cambia forma e direzione a seconda del movimento.

La storia di OJ287 è lunga e affascinante. Le prime osservazioni risalgono addirittura al XIX secolo, quando la regione del cielo venne fotografata per la prima volta, sebbene all’epoca gli astronomi non avessero idea che i buchi neri esistessero. L’oggetto venne incluso “accidentalmente” nelle immagini mentre gli scienziati si concentravano su altri corpi celesti.

Fu solo nel 1982 che Aimo Sillanpää, all’epoca studente magistrale presso l’Università di Turku in Finlandia, notò che la luminosità dell’oggetto variava regolarmente con un periodo di 12 anni. Questa osservazione lo portò a ipotizzare che la variazione fosse causata da due buchi neri in orbita reciproca. Da allora, centinaia di astronomi hanno monitorato intensivamente il quasar per verificare questa teoria e comprenderne completamente il movimento orbitale.

Il mistero dell’orbita è stato finalmente risolto quattro anni fa dal ricercatore Lankeswar Dey dell’Università di Mumbai, che lavorava part-time presso l’Università di Turku. Tuttavia, rimaneva aperta la questione cruciale: era possibile rilevare entrambi i buchi neri contemporaneamente?

Il satellite TESS della NASA ha fornito la prima conferma rilevando la luce proveniente da entrambi i buchi neri, anche se apparivano ancora come un singolo punto luminoso. Le immagini ottenute con la luce visibile non hanno infatti una risoluzione sufficientemente alta per mostrare i buchi neri separatamente. Era necessaria un’immagine con una risoluzione 100.000 volte superiore, ottenibile solo attraverso radiotelescopi.

Per raggiungere questo obiettivo, il team internazionale di ricercatori ha utilizzato un sistema di radiotelescopi che includeva il satellite RadioAstron, noto anche come Spektr-R. Questo satellite russo, operativo dal 2011 al 2019, trasportava un’antenna radio che si spingeva fino a metà strada tra la Terra e la Luna, migliorando drasticamente la risoluzione delle immagini.

Mauri Valtonen, primo autore dello studio e astronomo presso l’Università di Turku, ha spiegato: “Per la prima volta siamo riusciti a ottenere un’immagine di due buchi neri che orbitano l’uno attorno all’altro. Nell’immagine, i buchi neri sono identificati dagli intensi getti di particelle che emettono. I buchi neri stessi sono perfettamente neri, ma possono essere rilevati attraverso questi getti di particelle o dal gas incandescente che li circonda”.

L’immagine mostra due scie luminose in basso che rappresentano l’emissione di onde radio dei due buchi neri, mentre il punto luminoso più in alto corrisponde al getto emesso dal buco nero più piccolo. Confrontando le caratteristiche dell’immagine con i calcoli teorici precedenti, i ricercatori hanno confermato che i due componenti corrispondono esattamente alla posizione prevista dalla teoria.

Un'illustrazione che rappresenta due buchi neri in procinto di fondersi tra loro
Un’illustrazione che rappresenta due buchi neri in procinto di fondersi tra loro (fonte: Victor De Schwanberg / Science Photo Library)

Gli scienziati hanno però adottato un approccio cauto, sottolineando che sono necessarie ulteriori immagini della stessa qualità o superiore per confermare definitivamente che la “coda scodinzolante” appartenga effettivamente al buco nero più piccolo. Se questa interpretazione è corretta, il getto dovrebbe apparire in posizioni e forme diverse ogni volta che viene osservato, a causa del cambiamento di velocità e direzione del buco nero durante la sua orbita.

Il 2032 è stato identificato come il prossimo momento ottimale per osservare nuovamente la “coda scodinzolante”, in base al periodo orbitale di questi colossi cosmici. Questa tempistica permetterà agli astronomi di verificare se il getto si comporta effettivamente come previsto dalla teoria.

La scoperta rappresenta un traguardo straordinario che arriva appena sei anni dopo che gli astronomi hanno svelato la prima immagine in assoluto di un buco nero. Questi risultati contribuiscono a sollevare il velo su alcuni degli oggetti più misteriosi dell’universo, fornendo informazioni preziose che potrebbero aiutarci a comprendere meglio come si è formato il cosmo e come si evolve nel tempo.

Le fusioni di sistemi binari di buchi neri sono tra gli eventi più energetici dell’universo. Quando due buchi neri si incontrano, vengono attratti l’uno verso l’altro dalla loro enorme gravità, innescando una danza che li porta a orbitare sempre più vicini fino a quando uno inghiotte l’altro e si fondono. Questo processo rilascia onde gravitazionali che increspano il tessuto dello spazio-tempo, fenomeno già rilevato in passato ma mai osservato visivamente in questo modo.

Negli ultimi anni, i telescopi terrestri non hanno potuto fornire la stessa risoluzione offerta dal satellite RadioAstron, limitando la capacità degli astronomi di studiare questi sistemi con il dettaglio necessario. Tuttavia, i progressi tecnologici futuri potrebbero permettere nuove osservazioni ad alta risoluzione, aprendo ulteriori prospettive per lo studio di questi affascinanti sistemi binari.

La conferma visiva dell’esistenza di coppie di buchi neri orbitanti risponde a una domanda aperta da 40 anni e apre nuovi orizzonti per l’astrofisica moderna. Comprendere come questi sistemi si formano, evolvono e infine si fondono è fondamentale per ricostruire la storia dell’universo e prevedere il suo futuro sviluppo.

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