Più di cinquant’anni dopo il ritorno sulla Terra delle rocce lunari raccolte durante la missione Apollo 17, gli scienziati continuano a scoprire dettagli sorprendenti sulla composizione del nostro satellite naturale. Un team di ricercatori guidato da James W. Dottin III, professore assistente di scienze terrestri, ambientali e planetarie alla Brown University, ha analizzato campioni provenienti dalla valle Taurus-Littrow della Luna, rivelando una scoperta che potrebbe riscrivere ciò che sappiamo sulla formazione del sistema solare.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica JGR Planets, ha identificato nei materiali vulcanici lunari composti di zolfo con una firma isotopica radicalmente diversa da qualsiasi cosa presente sulla Terra. Prima di questa scoperta, la comunità scientifica riteneva che il mantello lunare avesse la stessa composizione di isotopi di zolfo del nostro pianeta. “È quello che mi aspettavo di vedere quando ho iniziato ad analizzare questi campioni”, ha dichiarato Dottin, “ma invece abbiamo trovato valori completamente diversi da tutto ciò che troviamo sulla Terra”.
La scoperta è stata possibile grazie al programma Apollo Next Generation Sample Analysis della NASA, che ha conservato alcuni campioni sigillati per decenni con la speranza che le future generazioni di scienziati, dotati di tecnologie più avanzate, potessero estrarre informazioni impossibili da ottenere negli anni Settanta. Quando gli astronauti dell’Apollo 17, gli ultimi esseri umani a camminare sulla Luna, atterrarono nella valle Taurus-Littrow nel 1972, estrassero un campione lungo circa 60 centimetri dalla superficie lunare utilizzando uno strumento metallico cavo chiamato double drive tube.

Negli ultimi anni, la NASA ha cominciato ad accettare nuove proposte di ricerca per studiare questi campioni intatti. Dottin ha proposto di analizzare gli isotopi di zolfo utilizzando la spettrometria di massa a ioni secondari, una tecnica ad alta precisione che non era disponibile quando i campioni furono riportati sulla Terra. Questa metodologia permette di misurare i rapporti tra diversi isotopi in un campione, creando una sorta di “impronta digitale” distintiva che indica la provenienza del materiale.
Le ricerche precedenti avevano dimostrato che gli isotopi di ossigeno nei campioni lunari sono quasi identici tra le rocce della Luna e quelle terrestri, portando gli scienziati a presumere che lo stesso valesse per gli isotopi di zolfo. I risultati di Dottin hanno invece raccontato una storia completamente diversa. Analizzando specificamente le porzioni del campione che sembravano essere roccia vulcanica proveniente dal mantello lunare, il team ha scoperto che il materiale conteneva composti di zolfo estremamente poveri di zolfo-33, un isotopo radioattivamente stabile.
“Il mio primo pensiero è stato: questo non può essere giusto”, ha ammesso Dottin. Secondo i ricercatori, questi dati suggeriscono che lo zolfo si sia formato attraverso reazioni chimiche avvenute nelle primissime fasi della storia della Luna, oppure che derivi direttamente dalla sua formazione.
La teoria più accreditata sulla nascita della Luna sostiene che il nostro satellite si sia formato dai detriti scagliati nello spazio da una collisione titanica tra la Terra primordiale e un oggetto delle dimensioni di Marte chiamato Theia. È possibile che i ricercatori abbiano individuato tracce della firma chimica di Theia conservate nel mantello lunare, una sorta di testimonianza fossile di quell’evento catastrofico avvenuto miliardi di anni fa.
La scoperta solleva interrogativi fondamentali sulla formazione del sistema solare e sulle differenze tra corpi celesti che si pensava fossero chimicamente molto simili. Dottin spera che, man mano che gli scienziati analizzeranno gli isotopi di zolfo provenienti da altri pianeti come Marte, questo mistero possa cominciare a essere risolto.