Potremmo non rendercene conto e respirare ogni giorno centinaia di minuscole spore senza saperlo. Per la maggior parte delle persone, non succede nulla. Ma per chi ha un sistema immunitario debole, alcune di queste spore possono trasformarsi in una minaccia mortale. È ciò che sta accadendo con l’Aspergillus, un fungo presente ovunque: nella terra, nell’aria, perfino sulle piante e sui resti di animali. Ma ora, complice il riscaldamento globale, sta diventando più aggressivo e difficile da fermare. La sua diffusione, silenziosa ma veloce, sta preoccupando scienziati e medici in tutto il mondo.
L’Aspergillus non è un singolo fungo, ma un intero genere che comprende molte specie. Tra le più pericolose ci sono A. fumigatus, A. flavus e A. niger. In natura, sono decompositori: aiutano a riciclare materia organica. Ma negli ospedali, nei campi coltivati e nei silos di grano, possono trasformarsi in un problema gravissimo. In pazienti con difese immunitarie basse, A. fumigatus può causare una malattia polmonare invasiva spesso letale. A. flavus può produrre tossine (micotossine) che contaminano arachidi e cereali, provocando danni sia economici che alla salute.
Questi funghi hanno una caratteristica inquietante: si adattano con facilità. Vivono su materiali molto diversi, dalle piume agli scheletri dei coralli. E quando vengono trattati con fungicidi nei campi agricoli, possono sviluppare resistenza. Questo è un problema serio, perché i medici usano farmaci molto simili (gli azoli) per curare le infezioni umane. Il risultato? I funghi diventano sempre più resistenti e difficili da curare. In Europa e Asia, si sono già registrati molti casi di infezioni da Aspergillus resistenti ai farmaci, con tassi di mortalità superiori al 50%.

Uno studio dell’Università di Manchester ha utilizzato modelli matematici (chiamati MaxEnt) per prevedere come si diffonderanno queste specie nel mondo a causa dei cambiamenti climatici. I risultati sono allarmanti: entro la fine del secolo, A. fumigatus potrebbe aumentare la sua presenza in Europa del 77,5%, A. flavus del 16%. Si stima che fino a 10 milioni di persone in più saranno esposte al rischio d’infezione solo in Europa. In altre aree del mondo, come alcune zone africane, potrebbe invece diventare troppo caldo perfino per questi funghi, dimostrando che l’impatto sarà diverso da regione a regione.
Il riscaldamento globale gioca un ruolo decisivo. Temperature più alte, umidità e eventi climatici estremi (come tempeste di polvere) rendono più facile per le spore diffondersi e infettare. Anche gli ospedali non sono al sicuro: ristrutturazioni, scarsa ventilazione e contaminazione dell’aria possono portare a focolai. Reparti di terapia intensiva hanno già visto casi gravi in pazienti colpiti da influenza o COVID-19. Allo stesso tempo, l’agricoltura subisce danni enormi. Un solo anno di crescita eccessiva di Aspergillus può causare perdite da oltre un miliardo di dollari nel settore del mais americano, a causa della contaminazione da micotossine.
Le soluzioni? Non ce n’è una sola. Ridurre le emissioni di gas serra aiuta a limitare i cambiamenti ambientali che favoriscono questi funghi. Rivedere le politiche sull’uso dei fungicidi in agricoltura può frenare la resistenza. Migliorare la ventilazione negli edifici e investire in nuovi farmaci antifungini è fondamentale. Ma soprattutto, è necessario aumentare la ricerca: meno del 10% dei funghi esistenti è stato studiato a fondo, e questo limita lo sviluppo di vaccini e terapie efficaci.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito Aspergillus nella lista delle minacce prioritarie nel 2022. Gli scienziati chiedono oggi un sistema di monitoraggio globale che unisca dati agricoli, ospedalieri e ambientali per prevedere focolai e intervenire tempestivamente. Senza questi strumenti, un fungo che oggi sembra solo un decompositore potrebbe diventare la causa della prossima pandemia silenziosa.