Si chiama promezio, è l’elemento numero 61 della tavola periodica e, per decenni, è rimasto un mistero per la scienza. Poco stabile, difficile da isolare, e invisibile ai metodi convenzionali, questo metallo raro era l’ultimo della famiglia dei lantanidi a non essere mai stato osservato in acqua. Ora, un gruppo di ricercatori americani ha finalmente riempito questa lacuna storica, riuscendo a studiarne la struttura in soluzione. Un passo importante che potrebbe portare a nuove tecnologie, dai dispositivi medici alle missioni spaziali.
Il promezio fa parte dei cosiddetti elementi delle terre rare, un gruppo di 17 metalli usati praticamente ovunque: dalle turbine eoliche agli smartphone, fino ai dispositivi medici e militari. Nonostante il nome, non sono così rari nella crosta terrestre, ma sono difficili da estrarre in forma pura. Il promezio è un caso ancora più estremo. Si trova in natura in quantità minime (meno di mezzo chilo in tutta la crosta terrestre in ogni momento) e non possiede isotopi stabili, il che lo rende altamente radioattivo e complesso da maneggiare.
Scoperto nel 1945 nei reattori di guerra degli Stati Uniti, il promezio ha finora evitato un’osservazione diretta nel suo stato idratato, cioè quando è disciolto in acqua. Questo ha impedito per anni di completare la cosiddetta contrazione dei lantanidi, una regola chimica che descrive la progressiva riduzione del raggio ionico di questi elementi. Tutti i lantanidi erano stati misurati, tranne il promezio, lasciando un vuoto nei manuali di chimica.

Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha risolto questo problema. I ricercatori del laboratorio nazionale di Oak Ridge (ORNL), negli Stati Uniti, hanno prodotto artificialmente una piccola quantità di promesio-147, il suo isotopo più stabile (sebbene abbia una vita media di soli 2,62 anni). Per riuscire a scioglierlo in acqua senza farlo decadere, è stata usata una speciale molecola chiamata ligando diglicolammide. Questo elementi si comporta come un artiglio chimico, capace di afferrare l’atomo e mantenerlo stabile in soluzione.
Una volta stabilizzato, il campione è stato analizzato con raggi X ad alta intensità presso il National Synchrotron Light Source II del Brookhaven Lab, e i dati ottenuti sono stati verificati con simulazioni quantistiche sul supercomputer Summit. È stato così possibile osservare, per la prima volta, la distanza tra il promezio e gli atomi d’ossigeno dell’acqua circostante, completando la curva di contrazione dei lantanidi.
Perché questa scoperta può essere importante? Perché il promezio è ideale per alimentare batterie nucleari di lunga durata. In passato, è stato usato in pacemaker e dispositivi spaziali, e oggi potrebbe trovare applicazione in sensori sottomarini, strumenti scientifici autonomi e altri apparecchi dove è utile una fonte di energia piccola, potente e sicura.