Un recente studio condotto dalla Washington University School of Medicine di St. Louis ha rivelato un possibile legame tra il grasso viscerale e i primi segni patologici dell’Alzheimer. Secondo i ricercatori, questo tipo di grasso, talmente profondo da avvolgere gli organi interni, contribuisce all’accumulo di due proteine che compromettono la funzione cerebrale, la beta-amiloide e Tau. La scoperta è importante perché questo tipo di indicazione si manifesta già nei soggetti di mezza età, molto prima che si sviluppino i sintomi della demenza. Questo vuol dire che agire sul grasso viscerale potrebbe rappresentare una strategia cruciale per ridurre il rischio della malattia neurodegenerativa. Per la quale, al momento, non esistono terapie.
Lo studio è stato condotto su 80 adulti sani con un’età media di 50 anni. I ricercatori hanno utilizzato avanzate tecnologie di imaging, come la PET per individuare le proteine incriminate. E anche la risonanza magnetica per quantificare il grasso viscerale e subcutaneo. Secondo i dati raccolti, il grasso viscerale era responsabile del 77% della relazione tra un elevato indice di massa corporea (BMI) e l’accumulo di beta-amiloide nel cervello. Al contrario, il grasso subcutaneo, la classica pancetta, non ha mostrato alcuna correlazione significativa.
L’obesità viscerale, inoltre, è responsabile anche della cosiddetta insulino-resistenza e dei bassi livelli di colesterolo HDL (quello buono), che amplificano i danni cerebrali. Insomma, non parliamo di certo della pancetta che si mette su quando si mangia un po’ di più, ma di un tipo di grasso profondo che aumenta la risposta infiammatoria.
Ridurre il grasso viscerale, dunque, è in assoluto un toccasana per la nostra salute. Le regole per farlo sono poche e chiare e non possono prescindere da un’accurata visita dal medico. Aiutano, indubbiamente, una dieta equilibrata e l‘attività fisica, in particolare aerobica (la power walk, per esempio). Ma non vanno sottovalutati gli esercizi di potenziamento muscolare, fatti con i pesi. Periodicamente, poi, si può monitorare la composizione corporea per valutare la distribuzione del grasso corporeo e monitorare i progressi.
In conclusione, davanti a malattie terribili contro l’Alzheimer ogni arma a nostra disposizione ha un grande valore. Questo studio mostra quanto comprendere eventuali fattori di rischio possa modificare, almeno in parte, un destino che può essere segnato.