Gli astronauti che trascorrono lunghi periodi nello spazio, come quelli a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), possono soffrire di una serie di effetti collaterali psicologici e fisici, tra cui uno che è stato soprannominato Space stupids, termine che in italiano è quasi introducibile ma che possiamo definire come una sorta di smarrimento. Questo fenomeno si manifesta come una sorta di annebbiamento che compromette la prontezza mentale, la memoria e la capacità di compiere compiti complessi. Sebbene la condizione non sembri causare danni permanenti, le sue conseguenze possono rappresentare un rischio durante missioni critiche.
Le difficoltà includono rallentamenti nei tempi di reazione e nella memoria, specialmente quando si devono compiere compiti che richiedono attenzione o capacità di risoluzione dei problemi. Vari studi, condotti su astronauti che avevano trascorso mesi nello spazio hanno rivelato che, sebbene queste difficoltà siano evidenti durante la missione, non vi è alcun danno cerebrale permanente e le performance cognitive tornano alla normalità una volta rientrati sulla Terra.
Il fenomeno è particolarmente problematico per missioni a lungo termine, dove gli astronauti saranno esposti a un periodo di viaggio che può durare fino a 21 mesi. Gli esperti stanno esplorando soluzioni per ridurre gli effetti dello Space stupids. Alcuni suggeriscono l’uso di dispositivi che forniscano segnali visivi consistenti, come occhiali intelligenti o un design degli spazi che aiuti a orientare i membri dell’equipaggio.
Al momento, nessun astronauta è diretto verso Marte, dove le missioni sono principalmente svolte da sonde e robot, come Curiosity, Perseverance e Ingenuity. Tuttavia, in un futuro prossimo c’è la speranza di fare missioni con equipaggio umano verso Marte. E se il fondatore di SpaceX, Elon Musk, punta a colonizzare il pianeta (al netto del recente insuccesso del lancio di Starship) dovrà anche porsi questo problema.