Si chiama Eos come la dea dell’alba ed è la gigantesca nube molecolare più vicina mai immortalata. Si trova infatti a soli (si fa per dire) 300 anni luce dalla Terra. Non rappresenta alcun pericolo, anzi. Si tratta di una scoperta dal valore incalcolabile. Per far capire quanto sia grande, diciamo che se potessimo vederla a occhio nudo apparirebbe nel cielo con un’estensione pari a 40 lune. Le nubi molecolari sono agglomerati di gas e polveri da cui nascono le stelle, caratterizzate dalla presenza di idrogeno e monossido di carbonio. Finora, la loro individuazione si basava quasi esclusivamente sulla rilevazione di quest’ultimo, la cui emissione è visibile con telescopi a infrarossi e radio. Eos, però, è una nube “CO-dark”, ovvero quasi priva di monossido di carbonio. Per questo era rimasta nascosta in piena vista. Almeno fino a quando gli astronomi non hanno deciso di utilizzare uno spettrografo operante nell’ultravioletto estremo, montato su un satellite coreano.

Questo strumento scompone la luce ultravioletta emessa dall’idrogeno molecolare in lunghezze d’onda distinte, permettendo agli scienziati di “vedere” ciò che prima era invisibile. La nube, infatti, brilla letteralmente al buio. A catturare il momento straordinario è stata una squadra internazionale guidata da Blakesley Burkhart, astrofisica alla Rutgers University e al Flatiron Institute di New York.
La nube si trova ai margini della cosiddetta Local Bubble, una vasta cavità di gas caldi che avvolge il Sistema Solare. Secondo i modelli, Eos è destinata a dissolversi entro sei milioni di anni. Nel frattempo, però, permetterà di capire come si formano le stelle e i pianeti. Non solo, l’uso della luce ultravioletta estrema potrebbe rivelare molte altre nubi invisibili sparse nella galassia. Come ha spiegato Burkhart, l’idrogeno che compone oggi questa nube esiste fin dall’epoca del Big Bang. Un tesoro inestimabile.