Sotto la superficie terrestre, dove nessun essere umano potrà mai scavare, giacciono i resti chimici di un mondo dimenticato. Non si tratta di una civiltà perduta o di fossili antichi, ma di qualcosa di ancora più profondo e primordiale: tracce della Terra originale, quella che esisteva prima che il nostro pianeta assumesse la forma che conosciamo oggi. Ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e istituzioni collaboratrici hanno identificato impronte chimiche della proto-Terra, il pianeta primordiale che precedette l’evento catastrofico che diede origine al mondo moderno circa 4,5 miliardi di anni fa.
La scoperta, pubblicata il 14 ottobre su Nature Geosciences, rappresenta potenzialmente la prima evidenza diretta che materiali della Terra primigenia siano sopravvissuti intatti attraverso miliardi di anni di trasformazioni geologiche. Per decenni, gli scienziati hanno ritenuto che qualsiasi traccia della proto-Terra fosse stata completamente cancellata da un impatto cosmico di proporzioni inimmaginabili. Ora, questa convinzione vacilla di fronte a dati che suggeriscono il contrario.
Circa 4,5 miliardi di anni fa, il sistema solare era una vasta nube rotante di gas e polvere. Nel corso di milioni di anni, questo materiale si condensò formando oggetti solidi: i primi meteoriti. Questi frammenti cosmici si fusero attraverso impatti ripetuti, generando gradualmente la proto-Terra e i pianeti vicini. Durante la sua infanzia, la Terra era un mondo infernale ricoperto di lava fusa. Meno di 100 milioni di anni dopo la sua formazione, un corpo delle dimensioni di Marte colpì il giovane pianeta in quello che gli scienziati chiamano l’impatto gigante. La collisione fuse e mescolò gli strati interni del pianeta, cancellando apparentemente ogni traccia della sua identità chimica originale.
Ma non tutto andò perduto. Il team guidato da Nicole Nie, professoressa assistente di Scienze della Terra e Planetarie al MIT, ha analizzato rocce antichissime provenienti dalla Groenlandia e dal Canada, oltre a depositi di lava raccolti alle Hawaii, dove i vulcani riportano in superficie materiali tra i più antichi e profondi del mantello terrestre. Queste rocce, ridotte in polvere, sono state disciolte in acido per isolare il potassio, un elemento chimico che si presenta naturalmente in tre forme isotopiche: potassio-39, potassio-40 e potassio-41.

Utilizzando uno spettrometro di massa ad alta precisione, i ricercatori hanno misurato le proporzioni relative di questi isotopi. Quello che hanno trovato è stato sorprendente: un deficit nell’isotopo potassio-40, già di per sé una frazione insignificante rispetto agli altri due isotopi nella maggior parte dei materiali terrestri. Rilevare questa minuscola carenza equivale a distinguere un singolo granello di sabbia marrone in un secchio pieno di sabbia gialla. Eppure, i campioni mostravano chiaramente questa anomalia isotopica del potassio, suggerendo che quei materiali “erano costruiti diversamente” rispetto a tutto ciò che osserviamo sulla Terra moderna.
Nel 2023, Nie e il suo team avevano esaminato numerosi meteoriti ben documentati raccolti in tutto il mondo, formati in tempi e luoghi diversi del sistema solare. Confrontando le loro composizioni con quella della Terra, avevano notato una peculiare anomalia isotopica nel potassio. I meteoriti mostravano rapporti isotopici distinti da quelli tipicamente osservati sul nostro pianeta. Questo suggeriva che qualsiasi materiale con lo stesso tipo di squilibrio nel potassio dovesse provenire da sostanze esistenti prima che l’impatto gigante alterasse la chimica terrestre. In sostanza, l’anomalia poteva fungere da impronta digitale della proto-Terra.
Ma come essere certi che questi campioni fossero effettivamente resti della Terra primordiale? Per rispondere, i ricercatori hanno condotto simulazioni complesse. Hanno ipotizzato che se la proto-Terra fosse stata originariamente composta da materiali poveri di potassio-40, la maggior parte di questo materiale avrebbe subito trasformazioni chimiche a causa dell’impatto gigante e di successivi impatti meteoritici più piccoli, producendo infine i materiali con maggiore potassio-40 che osserviamo oggi. Utilizzando dati composizionali di ogni meteorite conosciuto, il team ha simulato come il deficit di potassio-40 dei campioni sarebbe cambiato in seguito a questi impatti e ai processi geologici che la Terra ha attraversato nel tempo, come il riscaldamento e il rimescolamento del mantello.
I risultati delle simulazioni hanno prodotto una composizione con una frazione leggermente superiore di potassio-40 rispetto ai campioni originali, ma soprattutto hanno corrisposto alle composizioni della maggior parte dei materiali moderni. Questo lavoro suggerisce che i materiali con deficit di potassio-40 sono probabilmente residui del materiale originale della proto-Terra, frammenti chimici di un mondo che non esiste più ma che non è completamente scomparso.
Curiosamente, la firma isotopica di questi campioni non corrisponde esattamente a nessun altro meteorite nelle collezioni geologiche mondiali. Questo significa che i meteoriti e i materiali che originariamente formarono la proto-Terra devono ancora essere scoperti, aprendo nuove affascinanti domande sulla composizione primordiale del sistema solare.