La disforia di genere rappresenta una delle condizioni più significative nell’ambito dell’identità sessuale contemporanea. Si tratta di un‘incongruenza persistente tra il sesso assegnato alla nascita e l’identità di genere vissuta dalla persona, che genera un profondo disagio psicologico. Questa condizione, che può manifestarsi sin dalla prima infanzia o emergere durante l’adolescenza e l’età adulta, non costituisce un disturbo mentale ma piuttosto una situazione clinica che richiede comprensione, supporto e approcci terapeutici mirati. La sua inclusione nel DSM-5 con una nuova terminologia, disforia di genere, appunto, e non disturbo dell’identità di genere, riflette l’evoluzione scientifica verso una maggiore sensibilità e rispetto per le persone che la vivono.
L’American Psychiatric Association sottolinea che l’elemento critico è l’angoscia clinicamente significativa che deriva da questa incongruenza. La condizione può emergere in diverse fasi della vita, dall’infanzia all’età adulta, presentando manifestazioni variabili secondo l’età e il contesto sociale.
Il percorso diagnostico richiede un’attenta valutazione clinica condotta da specialisti qualificati. I criteri attuali, stabiliti dal DSM-5, richiedono la presenza di una marcata incongruenza tra genere percepito e assegnato alla nascita per almeno sei mesi, accompagnata da significativo distress o compromissione funzionale.

La comprensione moderna del genere abbraccia uno spettro di identità che va oltre la tradizionale dicotomia maschio-femmina. Si riconoscono oggi diverse declinazioni: persone cisgender (la cui identità corrisponde al sesso biologico), transgender (che non si identificano nel genere assegnato alla nascita), non binarie (che rifiutano la classificazione binaria) e altre varianti come genderqueer e agender. Questa diversità riflette la complessità naturale dell’esperienza umana dell’identità di genere.
Il trattamento della disforia di genere non mira a “correggere” la persona, ma ad alleviare il disagio attraverso un percorso rispettoso di affermazione dell’identità. Le opzioni terapeutiche possono includere il supporto psicologico, la terapia ormonale di affermazione del genere e, quando appropriato, interventi chirurgici. Per i minori, l’approccio privilegia il supporto psicologico che coinvolge anche le famiglie, orientato verso la consapevolezza di sé e l’autodeterminazione.
La valutazione diagnostica spetta esclusivamente a psicologi o psichiatri specializzati, che devono considerare tutte le sfumature individuali di ogni caso.
Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di disegno di legge per regolamentare l’appropriatezza prescrittiva e l’uso corretto dei farmaci per la disforia di genere nei minori. Il disegno, composto da tre articoli, disciplina la somministrazione di farmaci bloccanti della pubertà e ormoni mascolinizzanti o femminilizzanti, richiedendo una diagnosi da parte di un’équipe multidisciplinare, esiti documentati di percorsi psicologici o psichiatrici e il rispetto di protocolli clinici del Ministero della salute. Fino all’adozione di tali protocolli, la somministrazione è consentita solo con l’assenso di un comitato etico pediatrico nazionale.