Che la pinsa romana sia un lievitato delizioso è notizia risaputa. Contrariamente alla leggenda, però, la sua nascita non affonda le radici nell’antica Roma, ma nel genio creativo di uno dei panificatori più noti della Capitale, Corrado Di Marco. Il quale, bontà sua, agli inizi degli anni 2000 inventò questo piccolo capolavoro. Una sorta di pizza (anche se la definizione non è esatta), fatta con un mix di farine che comprende farina di soia, farina di riso e farina di frumento, in proporzioni rigorosamente top secret. Cavalcando un po’ il grande amore dei romani per la loro storia, si pensò indicare la pinsa come prodotto già noto agli antichi. Nacque così la leggenda di questa misteriosa focaccia, risalente al I secolo a.C., cotta sul carbone.
Non c’è alcun documento effettivo di questa eventualità, per quanto nella Roma antica il pane fosse sicuramente parte dell’alimentazione.

Un pizzico di leggenda, però, non fa mai male. Così, la pinsa, anno dopo anno, è diventata un cibo amatissimo e in tutta Italia. Anche per il suo alto contenuto proteico che deriva dalla farina di soia. Di Marco volle che la sua pinsa fosse ovale per distinguerla dalla pizza.
Sfruttando il know how derivato da anni di studio della materia. Già negli anni ’80 la sua azienda sperimentò, con successo, un mix di farine per rendere più leggere le pizze in teglia (vanto della cucina romana), tonde e in pala. Senza strutto né altri grassi. Un riferimento a Roma, però, c’è ed è nel nome. Pinsa viene dal latino pinsère ed effettivamente vuol dire spianare, stendere.