Svolgo il mio lavoro da psicoterapeuta da diversi anni. Nonostante sia ancora giovane, ho incontrato pazienti di ogni tipo e sorta: adolescenti, coppie, single e in tutte le loro possibili declinazioni. Sembrerà scontato, ma si inizia una psicoterapia per stare bene con se stesso e con gli altri. È il primo passo di un percorso che punta ad un traguardo che potrebbe cambiare positivamente molti aspetti della propria vita, nonostante le paure iniziali (comprensibili). Perché il percorso sia costruttivo però, è necessario che si verifichino determinate condizioni.
Quando iniziare una psicoterapia? Non esiste un periodo preciso per farlo. Ogni momento può essere quello buono. Sia l’inizio dell’analisi che le motivazioni partono dal singolo individuo e dalle proprie motivazioni. In generale, però, ho assistito ad un movimento di tipo gruppale: gruppi di pazienti tendono ad iniziare in due periodi specifici: quello estivo e quello natalizio. Riguardo il periodo estivo, le giornate più lunghe, il tempo libero e gli incontri con gli altri portano letteralmente alla luce ciò che in realtà ci manca. Nel periodo natalizio, invece, il clima di festosità e buonismo a volte compromette lo stato psichico di un individuo facendolo focalizzare su ciò che invece ha perso e uno stato di malinconia si impossessa di lui. (Ne abbiamo parlato anche a proposito dei consigli per evitare i conflitti familiari durante le Feste)
Molti pazienti, soprattutto prima di iniziare un percorso psicoterapeutico, di solito presentano delle resistenze: non riescono a prendere un appuntamento e, se lo fanno, possono sabotarlo subito dopo. Ricordo di S., una mia paziente (ancora in analisi) che al nostro terzo incontro mi confessò: “Sai Francesco, in realtà, il tuo numero di telefono me lo ha dato V., un mio collega di lavoro, che è già tuo paziente. Me lo diede a giugno, ma solo ora sono riuscita a scriverti e a iniziare il nostro percorso”. Era settembre inoltrato. Queste resistenze sono comuni e sane quando si inizia questo tipo di percorso perché siamo abituati a sminuire i conflitti che abbiamo dentro o perché abbiamo delle paure: “Cosa penseranno di me le persone care del fatto che vada in psicoterapia? Sono pazzo? Mi è davvero utile?”
Sono proprio questo tipo di domande e rimuginii che fanno in modo di non cambiare le cose per stare meglio e affrontare quel qualcosa che resta sempre lì in un angolo a porre l’attenzione su di sé, come un rumore di fondo che a lungo andare suscita fastidio e malessere. Se torniamo alle domande poste sopra, ad esempio sull’utilità, è evidente che la risposta diventa un enorme “dipende”. Lo psicologo può essere presente, empatico, contenitivo, in ascolto attivo e pronto al rispecchiamento. Ma la psicoterapia è un viaggio che si fa in due: se il paziente non collabora, non si sente a proprio agio con il terapeuta e il suo stile, questo viaggio può finire alla prima stazione. Questa eventualità può esserci, ma non per questo dobbiamo rinunciare. Così come non esiste il paziente perfetto, non esiste il terapeuta perfetto. Esiste quello che va bene per noi.