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Home » Spettacolo » Chi era Sam Peckinpah, il regista “maledetto” che cambiò Hollywood

Chi era Sam Peckinpah, il regista “maledetto” che cambiò Hollywood

Il regista Sam Peckinpah, nato proprio 100 anni fa, con i suoi film raccontò al mondo la faccia "sporca" dell'America.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene21 Febbraio 2025
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Il regista Sam Peckinpah
Il regista Sam Peckinpah (fonte: Far Out / MUBI)
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Proprio oggi avrebbe compiuto cent’anni Sam Peckinpah, regista statunitense autore de Il Mucchio Selvaggio e tanti altri capolavori. Egli si è spento molto prima di questo traguardo, dopo una vita di eccessi e sregolatezze; rimane però immortale la sua opera, che ha introdotto una nuova forma di sprezzante realismo in cinema e TV ispirando il lavoro di altri illustri cineasti. Ve la raccontiamo in questo articolo.

David Samuel Peckinpah, detto Sam, dimostra fin da giovane ottime doti di sceneggiatore e regista televisivo: sua è poi la sceneggiatura de L’invasione degli Ultracorpi del 1956. Il suo secondo film, Sfida nell’Alta Sierra (1962), è un western che stupisce per le scene di violenza che contiene, girate con un livello di realismo ancora inaudito per l’epoca. Tre anni dopo questa cifra stilistica gli costa però i consensi dei produttori, che tagliano più di mezz’ora di Sierra Charriba: la pellicola si rivela un flop e Peckinpah si vede costretto a tornare temporaneamente a lavorare in TV.

Il vero successo arriva con Il Mucchio Selvaggio (1969), considerato un capolavoro del genere western e non solo: anch’esso si distingue per la sua violenza brutale, e Peckinpah si guadagna presso la stampa il soprannome di Bloody Sam. La sua regia è snobbata dalla critica, che non gradisce il montaggio frenetico e il frequente uso di ralenti per “spettacolarizzare” alcune scene di morte, che diventerà una caratteristica distintiva dei suoi film.

Una scena dal film "Il Mucchio Selvaggio"
Una scena dal film “Il Mucchio Selvaggio” (fonte: MUBI)

Quello di Peckinpah è un western diverso da quello che il pubblico americano è abituato a guardare: crudo ma a tratti malinconico, senza fronzoli e ricco di contraddizioni, lontano anni luce dal buonismo e dall’eroismo patinato rappresentato dai suoi colleghi come John Ford e John Huston. Egli loda invece il lavoro di registi stranieri come Bergman, Fellini e Kurosawa, sottolineando anche il controllo che essi sono riusciti a mantenere sul materiale girato dopo la conclusione delle riprese.

Nel 1971 il suo thriller Cane di paglia, con protagonista Dustin Hoffman, è ancora una volta oggetto di pesanti critiche da parte di chi lo considera un fascista e un misogino, morbosamente ossessionato da scene di violenza iperrealistica. Continuano intanto i conflitti tra lui e i produttori, che lo perseguiteranno per il resto della carriera fino a sottrargli degli ingaggi e a tagliare altri suoi film. Il suo fisico, martoriato dal costante e pesantissimo uso di alcool e droghe, cede infine a un ictus nel 1984. Molti i registi che hanno affermato di essersi ispirati al suo lavoro e che ne hanno in un certo senso raccolto l’eredità: tra questi troviamo Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Walter Hill e John Woo.

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