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Home » Spettacolo » Il monologo di Ralph Fiennes in Conclave è un monito potente sul Papa

Il monologo di Ralph Fiennes in Conclave è un monito potente sul Papa

Il monologo di Ralph Fiennes in Conclave è un potente invito alla fede che accoglie il dubbio. Ecco il significato di queste parole.
Tiziana MorgantiDi Tiziana Morganti6 Maggio 2025
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Ralph Fiennes nei panni del cardinale Lawrence nel film Conclave
Ralph Fiennes nei panni del cardinale Lawrence nel film Conclave - Fonte: Eagle Pictures
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Il Conclave è uno degli eventi più solenni e misteriosi della Chiesa cattolica. Si tratta della riunione dei cardinali elettori, chiamati a scegliere il nuovo Papa dopo la morte o le dimissioni del predecessore. Tutto si svolge nella Cappella Sistina, in Vaticano, e obbedisce a un rigoroso protocollo che risale al XIII secolo. La parola stessa, “conclave”, deriva dal latino cum clave, ovvero “chiuso a chiave” ed indica l’isolamento totale dei partecipanti fino all’elezione avvenuta e comunicata al mondo con l’attesa fumata bianca.

Si tratta, dunque, di un momento, denso di spiritualità, intrighi e simbolismo che è stato messo anche al centro del film Conclave, diretto da Edward Berger e tratto dall’omonimo romanzo di Robert Harris. La vicenda si svolge intorno al cardinale Thomas Lawrence, interpretato da Ralph Fiennes. A seguito della morte del Pontefice, questo si trova a presiedere il Conclave come Decano del Collegio Cardinalizio.

Ed in questo ruolo che viene coinvolto in un gioco di potere, segreti e decisioni morali capaci di mettere alla prova sia la sua fede che la sua integrità. In questo senso, cuore del film è un monologo che si distingue per intensità e profondità, pronunciato proprio dal personaggio di Fiennes nell’omelia della messa solenne che anticipa l’inizio del Conclave. Una riflessione che va oltre l’azione narrativa e diventa un messaggio diretto allo spettatore, ma anche, idealmente, al futuro Papa:

La certezza è la grande nemica dell’unità. La certezza è la nemica mortale della tolleranza. Persino Cristo non fu certo alla fine. ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’, gridò nel suo tormento alla nona ora sulla croce.

La nostra fede è una cosa viva proprio perché cammina mano nella mano con il dubbio. Se ci fosse solo certezza e nessun dubbio, non ci sarebbero misteri. E quindi, nessun bisogno di fede. Preghiamo affinché Dio ci conceda un Papa che dubita. E che ci conceda un Papa che pecca, che chiede perdono e che va avanti.

Queste parole racchiudono un’intera visione della spiritualità, suggerendo che una fede priva di dubbio è una fede sterile. La certezza assoluta, nella visione di Lawrence, è un peccato perché esclude il mistero, e senza mistero la fede perde il suo significato più profondo. Il dubbio, dunque, non è una debolezza da correggere, ma una condizione umana da accogliere, poiché solo attraverso il dubbio si può esercitare davvero la propria spiritualità.

Partendo da questo presupposto il monologo rappresenta anche una critica implicita a una Chiesa troppo sicura di sé, troppo rigida nelle sue verità. È un invito, piuttosto, all’umiltà, alla riflessione, alla consapevolezza che il ruolo del Papa non è quello di un sovrano infallibile, ma di un uomo chiamato a servire Dio e gli uomini in un cammino fatto di interrogativi più che di risposte.

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