L’anno che verrà è probabilmente una delle canzoni più famose di tutto il repertorio di Lucio Dalla, grazie a una melodia accattivante e a un testo immaginifico, il cui significato è sospeso tra le incertezze di un presente difficile, e l’attesa di un futuro migliore. Il brano, scritto da Dalla nel 1978 e inserito, come brano di chiusura nell’album “Lucio Dalla” del 1979, è immaginato sotto forma di lettera a un amico lontano; qualcuno vede nell’anonimo destinatario Giuseppe Rossetti, amico personale di Dalla, nella cui casa a Monghidoro fu composta la canzone, ma non ci sono mai state conferme ufficiali a riguardo.
La missiva si divide idealmente in due parti; inizialmente, l’io narrante racconta all’amico come va il mondo in quel momento, spiegando tutte le difficoltà di un periodo difficilissimo sotto diversi aspetti; nella seconda parte, però, la fredda cronaca del male che affligge il mondo lascia spazio a piccoli afflati di speranza nel domani, quando ognuno, forse, troverà finalmente il proprio posto nel mondo.
Il significato del brano si presenta molto stratificato; è lo stesso Dalla, ospite di Serena Dandini a “La moviola musicale” su Radio anch’io, nel 1979, a offrire una chiave di lettura personale e forse risolutiva al brano. Seguiamo dunque le sue tracce e analizziamo insieme il testo di questa canzone immortale.
Il brano si apre con l’incipit della lettera, che promette al destinatario una “grossa novità”, senza dimenticare i tormenti che tutt’ora affliggono il mondo
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po’
E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò
Da quando sei partito c’è una grande novità
L’anno vecchio è finito, ormai
Ma qualcosa ancora qui non va
L’io narrante, poi, passa a descrivere più dettagliatamente la situazione attuale in cui si trova a vivere, dominata dalla paura e dall’incertezza. Il clima teso di quegli anni, fra attentati terroristici (‘i sacchi di sabbia’) e malavita, non permette di uscire la sera con tranquillità, nemmeno nei giorni di festa; la paura dell’altro paralizza le bocche e limita la socialità.
Si esce poco la sera, compreso quando è festa
E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra
E si sta senza parlare per intere settimane
E a quelli che hanno niente da dire
Del tempo ne rimane
All’improvviso però, si affaccia la speranza, che l’io narrante all’inizio raccoglie come un semplice sentito dire, che la televisione ha diffuso
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
Porterà una trasformazione
E tutti quanti stiamo già aspettando
Dalla spiega come, in questa prima parte, attraverso l’escamotage della finta lettera, riesca a rimanere in equilibrio tra un pessimismo che non gli appartiene e un ottimismo decisamente fuori luogo, visto il momento storico in cui la canzone è scritta
Immagino una situazione di lontananza fra me e un amico, al quale faccio una specie di rapporto, anche abbastanza dettagliato, su come stiamo vivendo oggi. Nella prima parte, il meccanismo del gioco permette di raccontare le cose in un certo modo, di giocare tra il pessimismo che comunque è sempre un atteggiamento rozzo, improduttivo antipatico, e l’ottimismo, che è un atteggiamento se non altro imbecille. Così, il meccanismo del gioco mi permette di “esagerare”
La seconda parte della lettera cambia totalmente prospettiva e dipinge un mondo migliore, in cui tutti siano più liberi di esprimere se stessi, privo di ristrettezze economiche o inutili moralismi di estrazione cattolica; un mondo dove il miracolo dell’azione di Gesù si possa ripetere di continuo, ridando voce ai muti e facendo sparire le ingiustizie
Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno
Ogni Cristo scenderà dalla croce
Anche gli uccelli faranno ritorno
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno
Anche i muti potranno parlare
Mentre i sordi già lo fanno
E si farà l’amore, ognuno come gli va
Anche i preti potranno sposarsi
Ma soltanto a una certa età
E senza grandi disturbi qualcuno sparirà
Saranno forse i troppo furbi
E i cretini di ogni età
Stimolato dalle critiche di un ascoltatore, Dalla spiega come queste strofe, e quelle che seguiranno, non vogliano tanto riferirsi letteralmente a dei miracoli veri e propri, ma più che altro, indicare la possibilità, per ciascuno di noi, nel proprio intimo, di partecipare alla costruzione di un domani migliore, coltivando il coraggio e la positività, giorno dopo giorno
L’unico miracolo che possiamo fare è su di noi, essere sempre funzionanti, essere sempre in condizione di non vedere sempre il nero, il terribile, ma di fare delle operazioni di coraggio. Questo ‘anno che verrà’ non è un anno mitico, sta a significare un’operazione positiva, una riscoperta dell’amore, e dei nostri mezzi di partecipazione. Io non credo nell’ieri, l’oggi mi disturba, ma credo soprattutto nel domani, ed è nella partecipazione di questo domani che la canzone vive
Vedi, caro amico, cosa ti scrivo e ti dico
E come sono contento
Di essere qui in questo momento
Vedi, vedi, vedi, vedi
Vedi caro amico cosa si deve inventare
Per poter riderci sopra
Per continuare a sperare
E se quest’anno poi passasse in un istante
Vedi amico mio
Come diventa importante
Che in questo istante ci sia anch’io
L’anno che sta arrivando tra un anno passerà
Io mi sto preparando, è questa la novità
Il 30 dicembre 2019, per i quarant’anni dell’album in cui compare la canzone, ne è stato realizzato un video ufficiale (lo trovate in cima all’articolo); il brano è, dal 2003, sigla dell’omonimo programma televisivo trasmesso da Rai 1 la notte di Capodanno.