La fiera delle illusioni, film del 2021 di Guillermo Del Toro con Bradley Cooper e Cate Blanchett, porta come sottotitolo, nella versione italiana, il titolo originale statunitense, Nightmare Alley, che significa letteralmente “vicolo degli incubi”. Del Toro ha tratto il film dall’omonimo romanzo gotico scritto nel 1946 dallo statunitense William Lindsay Gresham, condensando in circa due ore di visione le bizzarre avventure di Stan Carlisle, un uomo che decide di dare una svolta alla propria grigia esistenza, unendosi a un circo di sbandati, e diventandone ben presto il mentalista di spicco. L’espressione Nightmare Alley, quindi, può assumere due significati leggermente diversi, se vista dalla prospettiva della poetica di Del Toro, oppure se osservata nel contesto del romanzo.
In un’intervista di presentazione al film rilasciata a Remezcla, Del Toro ha dichiarato: “Questa storia dimostra una cosa: che i veri mostri, sono gli umani“, infatti, a differenza dei suoi film precedenti, La fiera delle illusioni non presenta elementi soprannaturali; nella visione di Del Toro, il “vicolo degli incubi” è quel luogo, metaforico ma anche concreto, rappresentato dal circo, dove si accalcano personaggi disperati, alla ricerca di un futuro.
Ma il film, e prima ancora il romanzo, vogliono raccontare di Stan, che si arrabatta cercando di costruirsi un futuro, come mentalista al circo, e in seguito come “sensitivo” nel jet set; a tormentarlo, però, il ricordo vago, o forse il sogno, di una strada senza uscita, il suo personale “vicolo degli incubi”, come si legge in questo estratto (tradotto dallo scrittore Tommaso Pincio per Sellerio)
Zeena prese la palla al balzo. «Il signore laggiù si sta chiedendo cosa lo aspetta e desidero perciò dirgli fin d’ora che realizzerà il suo desiderio. Ne sono convinta e credo anche che questo suo desiderio riguardi il viaggiare. Lei vuole andare da qualche parte, non è così? Beh, vedo ancora noie lungo il cammino e un buon numero di persone… uomini che fanno un sacco di domande. Ma vedo il viaggio andare in porto dopo un po’, non così presto come lei vorrebbe ma dopo un po’. E vedo anche un lavoro che l’attende al termine di quel viaggio. Un impiego con un discreto stipendio. Da qualche parte, a nord di qui; ne sono certa».
Era andata a colpo sicuro. Vogliono tutti il Nord, pensò Stan. Era il vicolo buio, per l’ennesima volta. Il vicolo con una luce in fondo. Faceva quel sogno da quando era bambino. Correva in un vicolo buio, con edifici vuoti e neri che incombevano minacciosi su entrambi i lati. In lontananza, alla fine del vicolo, si intravedeva una luce; ma c’era qualcosa dietro di lui, ne sentiva il fiato sul collo e non smetteva di avvicinarsi finché lui non si svegliava tremante, senza mai raggiungere la luce. Anche quella gente aveva un suo vicolo degli incubi. Il Nord non era la fine di quel recesso di tenebra. La luce non smetteva di allontanarsi. E la paura stava addosso a tutti. Bianchi o neri che fossero, non guardava in faccia nessuno. Erano tutti mangiabestie, ognuno con un inseguitore alle spalle, ognuno che pensava di sfuggire alla sue grinfie ricorrendo alla bottiglia”
Le previsioni di Zeena (da cui Stan apprenderà l’arte del mentalismo) rappresentano per tutti l’unica possibile via di fuga da un’esistenza senza futuro e priva di prospettive. Stan, fra tutti, riuscirà ad elevarsi?