Room, il film di Lenny Abrahamson del 2015 si basa sul libro Stanza, letto, armadio, specchio scritto da Emma Donoghue. Il romanzo è ispirato ad una storia vera, il caso Fritzl, un episodio di cronaca nera avvenuto nella cittadina austriaca di Amstetten. Elisabeth Fritzl rimase prigioniera del padre in una cantina per 24 anni. L’uomo la violentò ripetutamente, la ragazza partorì sette figli, senza assistenza medica,
Il 24 agosto 1984 i coniugi Rosemarie e Josef Fritzl denunciarono la fuga della figlia diciottenne Elisabeth, allontanatasi da casa per seguire una setta religiosa. In realtà la ragazza non aveva mai lasciato Amstetten, il padre l’aveva chiusa nella cantina di casa, trasformata in un bunker.
L’uomo andava in cantina per rifornire di cibo la figlia ed abusarne sessualmente. Elisabeth partorì per ben sette volte. Il sesto figlio, Michael, nato nel 1996, fu lasciato morire dal padre/nonno nel bunker. Tre dei figli di Elisabeth furono portati al piano superiore ed adottati dai nonni. Josef Fritzl raccontava di averli trovati neonati sulla porta di casa con un biglietto, ovviamente falso, della figlia che gli chiedeva di crescerli perché lei non poteva farlo. Altri tre figli sono cresciuti con la madre nel bunker. Il ruolo di Rosemarie, madre di Elisabeth e moglie di Josef Fritzl, non è chiaro, la donna ha sempre negato di conoscere l’esistenza del bunker.
Josef Fritzl aveva insonorizzato la cantina dotandola di serrature elettriche che si aprivano solo con un codice. Le camere erano senza finestre, questo significa che i tre figli di Elisabeth, cresciuti nella cantina, non hanno mai visto la luce del sole fino alla loro liberazione.
La fine della prigionia per Elisabeth e i suoi tre figli arrivò quasi per caso. La primogenita Kerstin, nata nel 1989, e vissuta sempre nel bunker, si ammalò. Il padre/nonno si convinse a portarla in ospedale. Qui, secondo indiscrezioni mai confermate, i medici trovarono un biglietto con una richiesta d’aiuto. I dottori e la polizia, insospettiti, decisero di fare un appello alla madre della ragazza, affinché raggiungesse la figlia in ospedale.
Josef Fritzl decise di liberare Elisabeth e portarla in ospedale, minacciando di uccidere con il gas i bambini rinchiusi nel bunker se non avesse collaborato. Nonostante questo, Elisabeth raccontò la sua storia ai medici che avvertirono le forze dell’ordine. La polizia si recò a casa Fritzl e costrinse l’uomo ad aprire il bunker, minacciando di sfondare i muri e il pavimento della casa. I ragazzi, una volta liberati, insieme alla madre, furono portati in una clinica psichiatrica, dove passarono diversi mesi.
Josef Fritzl, al momento dell’arresto aveva 73 anni, per le accuse di riduzione in schiavitù, sequestro di persona, stupro, coercizione, incesto e per l’omicidio colposo del neonato Michael, deve scontare il carcere a vita, senza possibilità di libertà condizionale per i 15 anni successivi alla sentenza, emessa il 19 marzo 2009. Elisabeth e i figli, sotto altro nome, vivono in una villetta nell’Alta Austria offerta dallo stato austriaco. Le ultime notizie sulla famiglia risalgono al 2013, Elisabeth non ha mai voluto scrivere un libro sulla sua vita.