Santocielo, il nuovo lavoro di Ficarra e Picone è stato accusato di essere un film blasfemo. In particolare da Don Mario Sorce, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Agrigento. Ma è davvero così? Vediamolo insieme.
La commedia di Francesco Amato parte dall’idea che Dio, stanco delle bruttezze dell’umanità, sia deciso a mandare un nuovo diluvio universale. La sua mozione, però, viene battuta per un solo punto dai sostenitori dell’invio di un nuovo messia. Così, il padreterno affida la missione all’angelo Artistide a cui tocca il compito di ingravidare a una donna prescelta, tramite il tocco della mano. L’arrivo sulla Terra però non è semplice. Aristide conosce Nicola, un professore severo e misogino, prossimo al divorzio dalla moglie psicanalista. Per salvarlo da un incidente, il cherubino sfiora la pancia di Nicola con il guanto “magico”. E lo mette “incinto”.
Perché allora l’accusa di blasfemia? Per l’idea cha il nuovo messia nasca da un maschio, biologicamente impossibilitato ad avere una gravidanza. A un certo punto del film, quando Aristide e Nicola si trovano a vivere assieme, si allude a una possibile relazione tra i due (che non c’è).
Sotto osservazione c’è anche il rapporto tra Aristide e una suorina che insegna musica nella scuola di Nicola. Una dolce ragazza che si infatua dell’angelo, senza mai mettere in dubbio la sua vocazione. Anche se i due si scambiano un bacio castissimo. La rappresentazione di Dio, interpretato da Giovanni Storti, come essere capriccioso ed egocentrico, nonché imbranato. Leader di un paradiso in cui regna il caos assoluto.
Questi temi possono effettivamente colpire nel vivo una persona che abbia grande religiosità, tuttavia Santocielo non è un film blasfemo. Si tratta di un’opera che tocca argomenti delicati, come quello delle nuove famiglie, in maniera ironica e divertente, senza mai cadere nel cattivo gusto. Il punto di partenza è paradossale, ma l’approdo della storia è tutt’altro che contrario alla religione.