César Luis Menotti è stato un calciatore, allenatore e dirigente sportivo argentino. Il suo nome è legato alla vittoria del primo mondiale da parte della nazionale biancoceleste nel 1978. Una vittoria, in finale contro l’Olanda, passata alla storia anche per il terribile momento politico vissuto dal paese sudamericano, che si trovava in piena dittatura militare. Nonostante il terrore, però, Menotti non piegò la testa davanti al regime. Anzi, firmò nel 1980 un importante documento in favore dei Desaparecidos – gli oppositori dei militari che rapiti e uccisi – assieme ad altre personalità politiche e culturali del paese. Un piccolo grande gesto che in qualche modo lo riabilitò. Poiché, pur essendo simpatizzante di sinistra e iscritto al Partito Comunista, fu comunque usato assieme a tutta la squadra a scopo propagandistico. Rimanendo in silenzio davanti a quella tragedia.
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Nasce a Rosario il 22 ottobre del 1938, ma la sua nascita è registrata solo il 5 novembre, data che riportata ovunque. Tra gli anni ’60 e ’70 inizia la carriera calcistica come giocatore di Rosario Central, Racing Club e Boca Juniors. Gioca anche con il Santos, la squadra originaria di Pelé.
Comincia ad allenare nel 1971 nelle file dell’Huracán di Buenos Aires, che porta alla vittoria del campionato nel 1973. L’anno dopo diventa commissario tecnico della nazionale. Con lui la Selección vince nel 1978 la prima Coppa del Mondo della sua storia. Sono giorni angoscianti per il popolo argentino. Alcune partite dell’Argentina si giocano a meno di un chilometro dall’Esma, la scuola militare di Buenos Aires usata come centro di detenzione e tortura. Sugli spalti si festeggia, mentre in strada sfilano le madri dei desaparecidos. Menotti, assieme a Mario Kempes, è il simbolo della squadra. Poco importa per la mancata convocazione di un ragazzino fenomenale, Diego Armando Maradona. “Troppo giovane“, dirà il CT di lui. Tutta questione di tempo. Nel 1979 Menotti vince il mondiale juniores proprio con Dieguito.
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Nel 1982, l’anno della vittoria azzurra in Spagna, Menotti incrocia di nuovo la sua strada con El Pibe de Oro. L’Argentina è favorita con il Brasile, ma la strada verso la vittoria finale si infrange proprio contro gli azzurri di Bearzot. Menotti lascia la nazionale e torna alle squadre di club, guidando Barcellona, Atletico Madrid e Peñarol. Allena anche la Sampdoria nel 1997, venendo esonerato dopo otto giornate. Torna in ambito nazionale nel 2019, quando la Federcalcio argentina lo nomina come direttore tecnico delle nazionali.
Menotti aveva origini italiane, di Ancona, ed era soprannominato El Flaco, il secco. Grande fumatore, ebbe il coraggio, in piena dittatura, di firmare la richiesta di pubblicazione dei nomi e del luogo in cui si trovavano gli “scomparsi”. Fu l’unico uomo di calcio a siglare il documento assieme a Jorge Luis Borges, Adolfo Bioy Casares, Oscar Alende, Raúl Alfonsín, Hermenegildo Sábat ed Ernesto Sabato.
Il regime chiese a gran voce l’allontanamento di Menotti, che però fu difeso dal presidente federale Julio Grondona. “È l’allenatore della Nazionale, non posso licenziarlo“, disse Grondona. Che poi, rimproverò il tecnico per il gesto avventato. “Nessuno conosce Borges. Tu invece sei Menotti“, gli disse.
Nel 2008, in un’intervista al Corriere della Sera disse: “Fui usato, è chiaro: il potere che si approfitta dello sport è una cosa vecchia come l’umanità. Non lo rifarei, anche se è facile dirlo ora“.