Giuliano Giuliani è stato il portiere dell’indimenticabile Napoli di Maradona che nel 1989 si aggiudicò la Coppa Uefa e l’anno successivo il secondo scudetto. Appassionato d’arte e di moda, aveva un negozio d’abbigliamento e amava disegnare le maglie con cui giocava. Morì a soli 38 anni a causa dell’AIDS. A oggi è ancora considerato il primo calciatore a scomparire a causa di una malattia che, in quegli anni, non doveva nemmeno essere nominata. Un primato che, purtroppo, lo ha costretto ad una sorta di oblio ben prima del suo decesso avvenuto a Bologna il 14 novembre 1996.
A lui, uno dei talenti più naturali mai visti tra i pali, è dedicata la puntata del programma di Sky Sport, L’uomo della domenica di Giorgio Porrà. Focalizzata proprio sulla tragica parabola dell’uomo e dello sportivo.
Nato a Roma il 29 settembre del 1958, ma cresciuto ad Arezzo dagli zii, dopo la morte della madre, uccisa in Germania dal compagno, Giuliano Giuliani si diploma da geometra. Il calcio è la sua passione. Muove i primi passi nel mondo del pallone nella squadra del Como. Qui il suo talento cresce e si rinforza tanto da farsi notare dai vertici del Verona.
Giovanissimo sostituisce nei gialloblù Claudio Garella, il portiere dello storico scudetto scaligero del 1985, che viene ceduto al Napoli. I due, però saranno destinati ad incontrarsi nuovamente visto che Giuliani lo sostituirà una seconda volta, nel 1988, proprio nella squadra partenopea, nell’era d’oro di Maradona. A volerlo fortemente è il tecnico Ottavio Bianchi, che lo aveva visto crescere al Como.
Ed è qui che, oltre a vincere la sua prima Coppa UEFA e contribuire notevolmente al successivo scudetto del Napoli, conosce e diventa amico di Maradona. Un rapporto che, nonostante le loro differenze caratteriali, diventa molto forte. I due, infatti, si frequentano fuori dal campo tanto da diventare anche vicini di casa.
Sempre a Napoli, poi, Giuliani conosce e sposa la modella Raffaella De Rosario, dalla quale ha la sua unica figlia Gessica. Ma è anche l’anno in cui viene convocato in Nazionale da Azeglio Vicini per l’amichevole con l’Olanda come riserva di Tacconi. Tutto, dunque, sembra andare per il meglio fino a quando nel 1989 contrae il virus dell’HIV. Con ogni probabilità, durante l’addio al celibato di Maradona in Argentina.
Da quel momento la sua carriera subisce un drastico rallentamento che lo costringe ad una sorta di oblio sociale ancor prima di morire. Dopo il secondo scudetto del 1990, infatti, il Napoli lo cede all’Udinese in serie B ed il matrimonio con Raffaella termina. Nonostante tutto, però, i due rimangono fortemente legati e lei diventa la sua confidente proprio nei difficili momenti della malattia.
Anzi, dopo alcuni anni dalla morte di Giuliani, è proprio l’ex moglie a rilasciare ad alcuni quotidiani come Il Mattino, i ricordi più intensi di quel periodo e, soprattutto, la sua delusione per un mondo che ha completamente escluso e rinnegato uno sportivo che ha dato tanto.
A Napoli avevamo tanti amici, molti fuori dal calcio, ma in coppia uscivamo spesso con i Corradini e i Ferrara. Spesso anche con Fusi. I rapporti tra Giuliano e la squadra erano ottimi. Quando, però, si ammalò lo lasciarono da solo. Era diventato un fantasma. Lo incrociavano e facevano finta di non riconoscerlo. Lui era ferito per questa indifferenza dei suoi ex compagni. Tutti spariti. Al funerale c’erano soltanto gli amici dell’Arezzo. Nessuno ha avuto un pensiero per lui. Chiesi a Maradona e al presidente Ferlaino di organizzare una partita per ricordarlo, non risposero neppure. Come se Giuliano non ci fosse mai stato. Questa è la verità e la mia delusione nei confronti del mondo calcio. A volte mi sembra di vivere in un film di fantascienza. Solo di recente mi è arrivato un messaggio di Alessandro Renica. Mi chiede scusa e si dice pentito per non essere venuto al funerale di Giuliano e che lo ricorda sempre con affetto. Mi ha fatto piacere, ma è stato l’unico.
La sua natura era silenziosa e schiva, quasi meditativa. Un atteggiamento che ricordava quello rigoroso di Dino Zoff, ma che si animava quando si trovava a confronto con alcuni interessi che lo coinvolgevano particolarmente. Due su tutti, l’arte e la frequentazione di gallerie.
Aspetti, questi, che lo distanziavano dall’immaginario classico del calciatore. Come scrisse Paolo Tomaselli, giornalista del Corriere della Sera e autore del libro Giuliano Giuliani, più solo di un portiere. “Era un uomo che aveva affrontato delle tempeste. Noi sappiamo che il portiere viene giudicato anche dalla capacità di elaborare gli errori, ecco lui che di errori ne ha fatti, che tante difficoltà ha affrontato, però era capace di andare oltre“. Riposa nel cimitero di Arezzo.