Addio a Sven-Göran Eriksson. L’allenatore svedese è morto oggi a causa di un tumore al pancreas di cui lui stesso aveva svelato l’esistenza lo scorso gennaio. Nato a Sunne, il 5 febbraio del 1948, sotto il segno dell’Aquario, è stato uno dei tecnici più innovativi della storia del calcio. In Italia ha allenato la Roma, con la quale perse lo scudetto nel 1986 in maniera rocambolesca soccombendo in casa contro il Lecce all’ultima giornata, la Fiorentina, la Samdpdoria e la Lazio.
Alla guida dell’altra squadra capitolina è riuscito nell’impresa di vincere il tricolore nel campionato ’99-2000. E sempre al cardiopalma, sfruttando la sconfitta della Juventus per 1-0 sul campo del Perugia, ancora una volta all’ultima giornata. Eriksson è stato anche il primo allenatore non britannico della nazionale inglese, che ha guidato per cinque anni dal 2001 e al 2006.
Considerato dai più come un freddo, Eriksson aveva mitigato la sua attitudine scandinava proprio in Italia. Soprannominato il rettore di Torsby, città dov’è cresciuto, per la sua capacità di studiare e insegnare calcio, è stato uno degli allenatori più moderni. Si fece conoscere con il Göteborg (alla guida del quale vinse la coppa UEFA nel 1982) e con il Benfica. Poi l’approdo nel campionato più difficile, quello italiano, sulla panchina della Roma.
Nonostante l’esito traumatico della sua stagione, Eriksson si distinse per i suoi schemi e il modo unico di far giocare la squadra. Poco alla volta divenne più “pratico” e meno fantasioso, ma questo non lo peggiorò, anzi lo rese ancora più forte. E lo dimostra lo scudetto alla Lazio, dove vinse anche una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e due Supercoppe italiane (un traguardo ancora ineguagliato per i biancocelesti).
Negli anni della sua militanza alla Lazio, fece storia la sua partecipazione periodica nella più popolare trasmissione radiofonica privata, Te lo faccio vedere chi sono io, condotta da Gianni Elsner. Qui, come rito portafortuna, si divertiva a cantare una filastrocca svedese per bambini, Mors Lille Ole.
Figlio di un autista di bus, Sven senior e di una commerciante, Ulla, da ragazzino lavorava come assistente fornaio. Ma da amante del calcio (e appassionato di Liverpool come il suo papà), sognava i grandi stadi europei. Che frequentò anche da commissario tecnico sulla panchina di Inghilterra, Messico, Costa D’Avorio e Filippine.
Eriksson ha avuto due figli dal primo matrimonio con Ann-Cristine, Johan e Lina. Per molto tempo è stato legato all’avvocata Nancy Dall’Olio. L’ultima compagna è stata l’ex ballerina Yaniseth Alcides, conosciuta in Messico.
Durante il documentario che sarà a disposizione su Prime, ha lasciato una sorta di messaggio testamento:
“Ho avuto una bella vita. Penso che tutti abbiamo paura del giorno in cui moriremo, ma la vita riguarda anche la morte. Spero che alla fine la gente dirà, sì, era un brav’uomo, ma non tutti lo diranno. Spero che mi ricorderete come un ragazzo positivo che cercava di fare tutto il possibile. Non dispiacetevi, sorridete. Grazie di tutto, allenatori, giocatori, il pubblico, è stato fantastico. Prendetevi cura di voi stessi e prendetevi cura della vostra vita. E vivetela“.
Negli ultimi mesi di vita, Sven-Göran Eriksson ha visitato un’ultima volta molti degli stadi delle squadre di cui è stato allenatore, da Genova a Roma. Ottenendo in cambio una marea di affetto.