Il 16 ottobre 1968, durante la premiazione dei 200 metri piani alle Olimpiadi di Città del Messico, Tommie Smith, medaglia d’oro, e John Carlos, medaglia di bronzo, entrambi atleti afroamericani, salgono sul podio con i pugni chiusi, guantati di nero, rivolti verso il cielo. Un gesto, questo, dal significato profondo e complesso che ha dato vita a non poche conseguenze. Il pugno chiuso, infatti, è simbolo del movimento per i diritti civili, rappresenta la forza e la determinazione della comunità afroamericana nella sua lotta contro il razzismo e la discriminazione. Il guanto nero, inoltre, rappresenta la comunità afroamericana nel suo insieme. Erano gli anni delle Black Panther di Huey Newton e ogni rappresentazione simbolica aveva un valore triplicato a livello di opinione pubblica.
Solo alcuni mesi prima, nello specifico il 4 aprile, Martin Luther King era stato ucciso a Memphis, con un colpo di fucile. Una morte che ha aperto una ferita immensa nel cuore della lotta per i diritti civili della popolazione afroamericana, improvvisamente privata del proprio leader e di una guida sicura in grado di ispirare con il suo storico discorso I have a dream. E, dall’alto del suo podio, con una medaglia al collo vinta per gli Stati Uniti, Tommie Smith ha voluto rivendicare il diritto all’eccellenza di un’intera compagine sociale relegata ai margini, lottando non solo per l’uguaglianza sociale e culturale, ma per la stessa sopravvivenza.
Ovviamente la società del tempo non ha “perdonato” ai due atleti il gesto e l’indipendenza intellettuale mostrata. Su Smith e Carlos, infatti, sono piovuti diversi giudizi contrastanti. I più feroci, però, sono arrivati proprio dagli Stati Uniti, dove molti considerarono il gesto come un affronto alla bandiera e all’inno nazionale. Il Comitato Olimpico Internazionale, poi, è arrivato a condannare gli atleti, “invitandoli” ad uscire dal villaggio olimpico, e successivamente, sospendendoli dalla nazionale statunitense.