Gino Cecchettin, padre di Giulia, la giovane padovana uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha condiviso una toccante lettera durante i funerali della figlia, svoltisi questa mattina, nella chiesa di Santa Giustina a Padova; nel lungo discorso, l’uomo rende omaggio alla figlia scomparsa, non mancando però di invitare la società e le istituzioni a una riflessione profonda sui motivi di quanto accaduto, e su quanto sia eventualmente possibile fare per evitare che tragedie come questa si ripetano.
Di seguito, vi presentiamo il testo integrale della missiva letta da Gino Cecchettin; il discorso si apre con una serie di ringraziamenti per la vicinanza e il supporto nei lunghi giorni del dramma
“Carissimi tutti, abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio. Mi scuso per l’impossibilità di dare riscontro personalmente, ma ancora grazie per il vostro sostegno di cui avevamo bisogno in queste settimane terribili. La mia riconoscenza giunga anche a tutte le forze dell’ordine, al vescovo e ai monaci che ci ospitano, al presidente della Regione Zaia e al ministro Nordio e alle istituzioni che congiuntamente hanno aiutato la mia famiglia”
Il ricordo della figlia Giulia è vivo, privo di retorica, e rende omaggio a una persona che conduceva la propria vita con tenacia, determinazione e rispetto per gli altri; la tragedia di Giulia porta poi a un atto d’accusa, verso un comportamento sociale pericoloso ma troppo spesso ignorato nelle sue dinamiche più profonde
“Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente,
un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà:
il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti. Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà
prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione.”
Cecchettin rivolge poi un appello a tutti gli uomini, per cercare di modificare la cultura della violenza, e per riappropriarsi del vero significato dell’amore, che unisce e non divide; il messaggio è rivolto anche a tutti i genitori, affinché insegnino ai figli il valore del sacrificio e il significato educativo della sconfitta
“Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso
e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro”
Uno dei problemi, secondo Cecchettin, è la comunicazione virtuale che, invece di avvicinare le persone, le allontana. Compito delle istituzioni educative, come la scuola, allora, è istruire a rapporti sani e rispettosi dell’altro
“Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.
La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli. Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione della violenza inizia nelle famiglie,
ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.”
Anche i media hanno le loro colpe, secondo Cecchettin, a causa di una modalità sensazionalistica di espressione che polarizza il discorso e fa mal digerire messaggi come quello contro la deriva patriarcale, che riguarda tutti.
“Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.”
Da ultimo, arriva un appello alle istituzioni politiche affinché affrontino compatte il problema della violenza di genere: una tragedia come quella di Giulia deve servire per cambiare definitivamente le cose
“Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo. Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme
per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita”
Prima di concludere con un ultimo accorato saluto alla figlia, Cecchettin legge una poesia di Khalil Gibran sull’amore
Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere.
«Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente
coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…»
Come detto, il discorso si conclude con un ultimo accorato saluto del padre alla figlia, che veglierà sui propri cari; dall’immenso dolore, forse un domani potrà nascere qualcosa di buono, un germe di felicità.
Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia. Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia.
Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano. Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.Addio Giulia, amore mio.
Ricordiamo che Giulia Cecchettin è stata sequestrata e uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, che lei aveva lasciato la scorsa estate. Giulia e Filippo continuavano a sentirsi e vedersi perché frequentavano la stessa università ma soprattutto perché lui continuava a ricattarla emotivamente, tempestandola di messaggi. Di questo Giulia parlò nei messaggi audio con le sue amiche. La sera in cui è lei è scomparsa, un testimone ha assistito all’aggressione di Giulia e alla fuga di Filippo dopo che quest’ultimo aveva caricato la ragazza nella sua auto. Dopo essersi sbarazzato del corpo della fidanzata, Turetta si è dato alla fuga, ma è stato arrestato in Germania e riportato in Italia. Nei giorni successivi all’omicidio i membri della famiglia Cecchettin hanno fatto sentire la loro voce, ma sempre in maniera pacata o costruttiva. Dal padre Gino alla sorella di Giulia, Elena, tutti hanno provato a dar voce al loro dolore, con compostezza. Elena si è dovuta difendere da molte insinuazion in merito al suo abbigliamento “dark” e alla sua passione per i film horror. Tra i familiari, ha fatto discutere la scelta da parte della nonna di Giulia, Carla Gatto, di presentare il suo ultimo libro in queste circostanze.