Difficile riassumere in poche righe la vita di un autore unico come Paul Auster, scomparso nella sua New York a causa di un cancro ai polmoni. Scrittore, poeta, sceneggiatore, regista, ha esplorato l’arte del racconto in decine di modi diversi, regalando al pubblico opere che sono rimaste nella memoria, come la celebre Trilogia di New York, composta da Città di vetro (1985), Fantasmi (1986) e La stanza chiusa (1987). Al cinema lo ricordiamo per la sua partnership con Wayne Wang. Nella sua esistenza avventurosa ha dovuto anche affrontare la morte del figlio Daniel e prima ancora quella terribile della nipotina Ruby di soli 10 mesi.
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Paul Auster nasce a Newark il 3 febbraio 1947 da una famiglia di origine ebraica. Il padre, Samuel Auster, possiede alcuni edifici di Jersey City. La madre, Queene, è una casalinga, molto più giovane del marito. Il matrimonio dei suoi non è dei più felici. Così come la convivenza con la sorella più giovane di tre anni, Janet, affetta da una malattia psichiatrica. Si appassiona alla letteratura in giovane età e dopo il diploma viaggia per l’Europa, visitando Francia (dove poi lavorerà), Italia e l’Irlanda dell’amato James Joyce.
Si iscrive alla Columbia University a New York e nel 1966 incontra Lydia Davis, la scrittrice che sposerà nel 1974 e che gli darà un figlio, Daniel. Nel ’69, però, si imbarca su una petroliera, viaggiando per un anno e fermandosi a Parigi dal 1971 al 1974. Lavora come traduttore prima i tornare nella Grande Mela dove inizia la carriera di scrittore scrivendo poesie, racconti e articoli.
Se la sua vita professionale procede bene, non si può dire lo stesso per quella privata. Divorzia da Davis e sposa nel 1981 la scrittrice d’origine norvegese Siri Hustvedt, con cui ha una figlia, Sophie, cantante e attrice. Nell’aprile del 2022, il primogenito Daniel muore per overdose a 44 anni. Tempo prima fu accusato di aver lasciato morire la figlia Ruby di pochi mesi, a causa di un’overdose di fentanyl e eroina, lasciata incustodita.
Paul Auster si ammala di cancro ai polmoni e nonostante la fatica causata dalla malattia pubblica un ultimo romanzo nel 2023, Baumgartner, storia di un uomo che si interroga sulla vita, mentre elabora il dolore per la morte della moglie Anna.
Tra le opere più importanti c’è la Trilogia di New York (1987), Moon Palace (1989), La musica del caso (1990), Il libro delle illusioni (2002), Follie di Brooklyn (2005). Rimarchevole anche la sua presenza al cinema. Sue le sceneggiature di film di culto come Smoke e Blue in the Face, entrambi del 1995, diretti da Wayne Wang. Mentre con Lulu on the Bridge del 1998 passa anche alla regia.
“Ho scritto solo due vere sceneggiature giacché Blue in the face, il primo film che ho fatto, era essenzialmente improvvisato: non esistevano note per gli attori, ma solo un cosciente rifiuto di qualunque forma di dialogo scritto. Dai miei due script, Smoke e Lulu on the bridge, ho compreso quanto creare sceneggiature sia profondamente differente dal creare romanzi. Si pensa che una sceneggiatura debba essere più reale e precisa dal punto di vista iconografico, ma in realtà è vero il contrario. Produrre una sceneggiatura invece è come comporre i pezzi di un puzzle“, dirà parlando della sua esperienza sul set.