Oggi in molti sono solite chiamarle Fake news ma, nella maggior parte dei casi, vengono denominate come bufale. Di cosa si tratta? Si notizie false o di bugie vere e proprie. Un temine che viene usato quasi quotidianamente da molti decenni per quanto riguarda la lingua propriamente parlata. E che, inaspettatamente, ha un’origine curiosa e addirittura antica.
Per comprendere le origini di questo modo di dire, infatti, bisogna ritornare indietro nel tempo fino all’antica Roma. E, in modo particolare, all’usanza poco ortodossa da parte dei macellai di imbrogliare. Non sul peso ma, bensì, sulla qualità della carne. In sostanza, i più disonesti erano soliti far passare della costosa carne di maiale o di manzo per la più economica e meno pregiata, almeno a questi tempi, di bufala. Quando, poi, i malcapitati clienti si accorgevano dell’inganna esclamavano a gran voce: “Ma questa è una bufala!“.
Da quel momento, dunque, il modo di dire è entrato di diritto nel linguaggio, andando ad arricchire il dialetto romanesco secondo cui “Arifilà ‘na bufola“, vuol dire dare una fregatura a qualcuno. Ecco, dunque, che con il passare del tempo il termine “bufala” è andato anche a rappresentare una notizia non vera. O comunque gonfiata per creare sensazione od ingannare qualcuno.
Questa, almeno, è la sua origine popolare che, però, non è condivisa dal Vocabolario della Crusca. Al suo interno, infatti, si fa sempre riferimento all’attitudine truffaldina dei malintenzionati ma, questa volta, utilizzando uno dei modi di dire italiani più antichi, ossia “menare altrui pel naso come un bufalo/una bufala“.
Secondo altre fonti, non verificate, ma il racconto merita comunque una menzione, il modo di dire sarebbe sempre da legare alla cultura popolare romana, ma alla moda.
A Roma, negli anni Quaranta, si risparmiava come poteva usando scarpe con suole di bufala al posto del cuoio. Il problema era che nei giorni di pioggia queste calzature diventassero delle armi improprie che facevano scivolare le malcapitate. Così, quando l’infortunata si presentava al centro traumatologico, gli infermieri l’additavano dicendo: “Ecco un’altra bufala“.
A voi scegliere la derivazione preferita.