Negli ultimi giorni si parla molto di Candida Auris, una malattia che secondo l’Istituto superiore di Sanità rappresenta una “seria minaccia alla salute globale”. Si tratta di un fungo che è molto infettivo e si diffonde soprattutto in ambienti sanitari, resistente a più farmaci antimicotici, resistente ai disinfettanti (in modo particolare sulle superfici), può provocare infezioni gravi (e letali, nelle forme invasive) nei soggetti immunodepressi ed è di difficile identificazione, anche nei laboratori specializzati.
Il fungo si chiama Candida Auris perché è stato isolato per la prima volta nell’orecchio di una donna, nel 2009 in Giappone (auris in latino vuol dire orecchio). Si è parlato molto del fatto che la prima infezione in Italia, nel 2023, sia stata individuata a Pisa, in Toscana, ma nel nostro Paese il primo caso di infezione invasiva era stato individuato già nel 2019, seguito da un focolaio nel Nord, in Liguria, durante la pandemia.
La Candida Auris si trasmette attraverso il contatto con superfici o dispositivi medici contaminati o il contatto tra persone infette. Non è un caso infatti, che tra le categorie più a rischio ci siano soggetti che utilizzano dispositivi sanitari invasivi come cateteri vescicali o venosi o tubi per tracheotomia. Altri soggetti a rischio, come abbiamo già detto, sono gli immunodepressi, sono ricoverati in ospedale oppure hanno problemi di salute pregressi.
I sintomi dell’infezione da Candida Auris possono variare a seconda del soggetto. L’istituto superiore di sanità spiega che l’infezione non è sempre facilmente individuabile, perché alcuni soggetti sono ospedalizzati e hanno già altre patologie che rendono meno immediata la diagnosi dell’infezione.
In ogni caso, alcuni dei sintomi più comuni sono infezioni del torrente ematico, infezioni intra-addominali, infezioni di ferite e otiti. La terapia più efficace contro la Candida Auris, al momento restane le echinocandine, una tipologia di antimicotici. Tuttavia, come abbiamo spiegato, alcune infezioni risultano complicate da trattare a causa della resistenza a diversi antifungini, tra cui il fluconazolo e altri azoli, amfotericina B e echinocandine. Per questo motivo le terapie devono essere strutturate con più farmaci e a dosaggi più elevati.