Il grammelot è una lingua creata ad arte, nata in ambito teatrale ma diffusa anche al cinema e in musica. Una sorta di idioma sconosciuto in cui parole, suoni, onomatopee, privi di significato, si mescolano con risultati espressivi altissimi.
Solitamente veniva impiegato per scopi artistici quando un attore fingeva di parlare una lingua straniera che in realtà non conosceva, allo scopo di far ridere. Così, inventava di sana pianta le parole. Il risultato era uno strano miscuglio che però si riusciva comprendere benissimo, anche per la musicalità dei suoni.
Tra i pezzi forti dei comici della Commedia dell’Arte ha avuto nel tempo cultori e cantori come il premio Nobel Dario Fo, vero esperto di grammelot. Utilizzò questa lingua nel suo capolavoro, Mistero buffo, che debuttò il primo ottobre del 1969. Nell’opera, che raccontava la vita di Gesù, parte dei testi sono proprio in Grammelot, con esilaranti inflessioni padane.
Altro esempio celebre di grammelot fu quello operato da Charlot in Tempi moderni nella Titina, il cui testo era senza senso ed era un ironico sberleffo al cinema parlato. O nel monologo di Adenoid Hynkel in Il grande dittatore in cui prendeva in giro Hitler.
Leggendario, nell’uso del grammelot, anche Gigi Proietti il cui cavallo di battaglia era la poesia di Fosco Maraini, Il Lonfo, priva di senso, ma incredibilmente incisiva. Più pop la versione del grammelot offerta in Febbre da cavallo, dove Proietti, aka Mandrake, finge di essere il fantino Jean Louis Rossini, parlando uno spassoso francese.
Anche Prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano è un esempio di grammelot. Così come il buffo linguaggio della Linea di Osvaldo Cavandoli, doppiata da Carlo Bonomi, per il Carosello Lagostina. Qualche esempio vicino di grammelot? Quello dei Minions.