Ho sceso dandoti il braccio è una delle opere più famose ed intense di Eugenio Montale. Composto nel novembre del 1967 e contenuto nella raccolta Satura, il poema è dedicato alla moglie Drusilla Tanzi, e rappresenta una toccante riflessione sull’amore, sulla vita e sulla morte. In questo senso, dunque, il semplice gesto quotidiano, come quello di scendere insieme le scale, diventa la metafora di un lungo percorso condiviso. Un vero e proprio viaggio di coppia attraverso gli anni e le vicissitudini affrontate.
Ho sceso dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Montale, dunque, ricorda con nostalgia i momenti trascorsi al fianco di Drusilla, sottolineando come la loro unione fosse basata su una profonda complicità e su un’intesa capace di andare ben oltre le parole. In questo contesto il braccio offerto diventa un gesto di sostegno e di protezione, simboleggiando l’affetto reciproco e la presenza costante dell’altro nella propria vita.
Nonostante questo, però, la poesia è anche un lamento per la perdita della compagna. Con la scomparsa della moglie, infatti, il mondo di Montale si svuota, e le scale, un tempo percorse insieme, diventano un luogo di solitudine e di dolore. L’assenza è avvertita in ogni gradino, e il poeta si trova a confrontarsi con il vuoto lasciato dalla sua scomparsa. Alla fine, però, il dolore trova consolazione nella gratitudine per il tempo trascorso insieme. Montale, infatti, celebra la bellezza e la profondità del loro amore, riconoscendo nella moglie la capacità di vedere oltre le apparenze e di cogliere il senso più profondo della vita.