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Home » Cultura » Da dove nasce il ritmo buffo che usiamo per bussare alla porta? La sua storia è incredibile

Da dove nasce il ritmo buffo che usiamo per bussare alla porta? La sua storia è incredibile

Ebbene sì: anche dietro il ta-ta-ta-ta-ta... ta-tà c'è una storia ricca di curiosità che vi sveliamo in questa news.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino21 Gennaio 2025
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Se avete mai bussato a una porta seguendo il ritmo ta-ta-ta-ta-ta… ta-tà, sappiate che state usando una melodia che ha una storia davvero molto particolare. Il motivetto si chiama “Shave and a Haircut, Two Bits” e ci riporta all’800. La frase vuol dire letteralmente “Barba e capelli” ed è quindi legata al contesto dei barbieri. Un ambito che ha funzionato come piccola ispirazione, ma che ha dato vita a un fenomeno culturale più ampio e se vogliamo complesso.

“Shave and a Haircut, Two Bits” fu registrato per la prima volta nel 1899 come parte di un minstrel show, gli show itinenanti che purtroppo bullizzavano gli afroamericani. In particolare, la canzone di Charles Hale si intitolava At a Darktown Cake Walk. Hale aveva associato il ritmo della sequenza musicale al tipico modo di dire degli avventori che chiedevano ai barbieri rasatura e taglio di capelli a “two bits”, ossia 25 centesimi.

Con il tempo, l’aria, perfetta per brevità, versatilità e ritmo, fu usata per chiudere performance comiche o musicali. Compare infatti in tantissimi film e cartoni animati, dai Looney Tunes a Topolino, fino a Chi ha incastrato Roger Rabbit?. Qui veniva usata dal giudice Morton per catturare il buffo coniglio cartoon che non esista a rispondere “Two Bits” dopo che il cattivo aveva iniziato dicendo “Shave and Haircut”.

Durante la guerra del Vietnam, “Shave and a Haircut, Two Bits” assunse un uso inaspettato. I prigionieri americani lo utilizzavano come codice segreto. Essi, infatti, battevano le prime cinque note sul muro della cella, attendendo la risposta corretta per identificare altri prigionieri americani. Questo semplice ritmo divenne così un mezzo per comunicare in modo sicuro, dimostrando come un elemento di cultura popolare possa assumere significati profondi in contesti drammatici.

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